Alice: non è tutta una fiaba…
Era il 1865 quando Lewis Carroll vide pubblicate le avventure della sua giovane creatura. Il romanziere, al tempo 33enne, aveva scritto qualcosa di irripetibile, iconico. Il racconto di Alice, tant’è, è da sempre emblematico. Chi di noi, almeno una volta, non è infatti rotolato dentro la tana del Bianconiglio, per venire poi trasportato nel Paese delle Meraviglie? Costellato, quest’ultimo, dei personaggi più folli e audaci che siano mai stati raccontati. Un universo al contrario che, in fondo, a ben guardare, non si discosta troppo dalla realtà.
Bislacchi protagonisti di una favola altrettanto bizzarra. Successo, che adesso di prepara a festeggiare i suoi 160° anni, forse, al riguardo, ci va di saperne qualcosa in più…
CURIOSO, NO?
Forse non tutti conoscono il nome completo dell’autore: Charles Lutwidge Dodgson, scrittore e matematico inglese, tra i numerosi suoi talenti, nato nel 1832. Solo un esempio, la sua opera, di nonsense letterario. Certo, lo scopo, almeno iniziale, era di sovvertire il ragionamento logico individuando strade alternative, per paradosso, più arrivabili ai più piccoli.
Pensare che questa storia di immaginazione fu concepita durante una gita in barca, nel 1862, quando Carroll percorse con i figli di un amico il fiume Isis, in quel di Oxford, in Inghilterra. Mentre remava, l’uomo narrò ai piccoli una fiaba, inizialmente conosciuta come Le avventure di Alice sotto terra. In seguito, Carroll avrebbe messo per scritto le proprie fantasie, fabbricando a tutti gli effetti il “pomeriggio d’oro” che lo avrebbe elevato a poeta.
E sono in tanti a scommettere che, in quelle ore spensierate, il personaggio di Alice si sia distinto realmente, tra gli altri, nei panni di una bambina presente sulla barca: tale Alice Liddell, figlia – appunto -di un amico. Sarebbe stata proprio la piccina a pretendere la trascrizione della storia, nero su bianco. Parimenti, un’altra corrente di esperti sostiene che nulla avrebbe a che vedere la ragazzina con l’eroina, ripresa più in là anche da Disney. Riproporrebbe, invece, in una chiave differente, le esperienze personali dell’autore e gli ideali vittoriani assorbiti nell’infanzia. Satira – secondo alcuni – sulla matematica della metà del XIX secolo.
Fatto sta – a conferma esiste persino un sondaggio condotto da The Telegraph nel 2015 – Alice rimane tra i 20 personaggi preferiti della letteratura per ragazzi.
UNA STORIA,CURATA SIN NEI DISEGNI
Inizialmente, alle illustrazioni, 37 nel totale, si dedicò lo stesso Carroll. Tuttavia, fu presto ingaggiato, per la versione che sarebbe stata infine pubblicata, l’artista John Tenniel, che si occupò delle tavole definitive.
42 disegni in bianco e nero, sostituiti, negli anni a venire, una volta scaduto il copyright (1907).
Arthur Rackham, in tal senso, si è rivelato tra i più abili nel ripercorrere il romanzo, grazie al suo stile Art Nouveau.
Così, alla ricerca di regole che diano un senso allo strampalato mondo in cui si è imbattuta, la giovane protagonista si incammina in un itinerario che prevede, paradossalmente, senso critico. E’ consapevole del fatto che infrangerle significherebbe subire, poi, pesanti conseguenze ma si distrae, Alice, vicina più alla sua componente emotiva che al raziocinio. Tant’è, ad un certo punto la nostra finisce in una pozza composta delle sue stesse lacrime, che si riempie di ulteriori strane creature: uccelli, un topo, un granchio… E’ la mente che vola lontana, irrefrenabile, priva di limiti.
Né si esime, Carroll, dal prendere in considerazione l’argomento cibo. Alice muta in continuazione. Fluttua tra sembianze extra large e microscopiche dimensioni, escamotage per meglio illustrare – stando a certi – come funziona la Società: Lupi oppure agnelli, parabola di chi mangia e di chi, al contrario, viene mangiato.
In merito alle copie vendute, non esistono dati aggiornati. Sappiamo, però, che nel 1898 ne furono stampate 150.000, posizionandosi – il lavoro – al terzo posto nella classifica dei libri per ragazzi più tradotti (174, tra lingue e dialetti). Sesto, più riadattato della storia, con oltre 80 trasposizioni, tra cui spicca la versione live-action firmata da Tim Burton e datata 2010, che registrò, a suo tempo, un incasso pari ad oltre 1 miliardo di dollari.
THE FIRST TIME
Tuttavia, per risalire alla prima volta; alla prima trasposizione cinematografica, cioè, dobbiamo tornare indietro fino al 1903, quando i registi Cecil Hepworth e Percy Stow girarono un film muto, al riguardo, della durata di circa 12 minuti. La pellicola – tra l’altro – più lunga, prodotta in Gran Bretagna all’epoca, uscita solo cinque anni dopo la morte di Carroll.
C’è da aggiungere che, davvero, la creatività di molti non ha lesinato, volendo rileggere il volume originale nelle vesti più disparate. Conferendogli, ad esempio, un allure horror, come è accaduto persino in alcuni videogiochi, con aperto riferimento alla schizofrenia e alla psicosi, velatamente affrontati dal geniale creatore. Del resto, il libro non è mai andato fuori catalogo, a testimonianza dell’impatto innegabile, promosso da estimatori d’eccellenza, tra cui Oscar Wilde e la stessa Regina Vittoria.
Nel 1998, la copia personale di Carroll, tra le sole sei superstiti della prima edizione del 1865, è stata venduta all’asta per 1,54 milioni di dollari. Al netto dell’inflazione, si tratta, nell’equivalente moderno, di quasi 3 milioni di dollari.
OLTRE LA FIABA… LA SINDROME
Per quanto singolare, esiste un disturbo noto come sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie o sindrome di Todd. Una condizione neurologica, per cui chi ne soffre percepisce gli oggetti in modo distorto, più piccoli o più grandi di quanto non siano in realtà e – pensate – è opinione comune che Carroll in prima persona fosse vittima della patologia. Altra chicca: l’espressione “matto come un cappellaio“, esportata dal famoso prete anglicano, non è frutto del suo sacco. Fu coniata, invece, all’alba del 1800, per descrivere i sintomi di demenza che finivano per coinvolgere i fabbricanti di cappelli, dopo essersi esposti al mercurio, utilizzato per la polimerizzazione del feltro.
Nel 1931, la Cina censurò il manoscritto, asserendo che gli animali “non dovrebbero adoperare il linguaggio umano“. Il personaggio del dodo? Non è altri che lo stesso Carroll ‘Dodgson‘, che nell’animale raffigurava se medesimo e quella sua tendenza alla balbuzie, nel momento in cui si trovava a doversi relazionare in pubblico. La Regina? C’è chi ha ipotizzato un esplicito legame con la regnante Vittoria ma non restano che congetture…
Il tema della crudeltà nei confronti degli animali? In effetti, nella celeberrima partita a Croquet, al posto delle palle vengono utilizzati ricci e le mazze sono sostituite da fenicotteri ma anche nella circostanza le certezze scarseggiano.
Nel 1871 – nota conclusiva – venne pubblicato un seguito: Attraverso lo specchio, il titolo. Anche stavolta è Alice a mettersi in primo piano, pronta ad affrontare un ignoto imprevedibile e, perciò, affascinante, dopo essersi arrampicata in uno specchio. E’ da qui che nuovamente affonda nel riflesso della realtà.
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