Bridget ‘vecchia’? Non lo sarà mai…

Bridget ‘vecchia’? Non lo sarà mai…

10 anni possono considerarsi un lasso di tempo abbastanza protratto, per poter trarre le somme. Ebbene, da quel lontano 2016 – ultima tappa della riuscitissima saga che riguarda Bridget Jones – di anni ne sono trascorsi proprio10, a testimonianza che alcune cose, se ben fatte, restano senza confini.

Eccola, allora, partendo da tali presupposti, fare nuovamente capolino, la nostra, in sala già dal 27 febbraio scorso, alle prese con ‘Un amore di ragazzo‘, di Michael Morris. Lei, immarcescibile compendio di mossette e totale assenza totale di imbarazzo, come ci ha abituati e con il volto oramai consueto e, anzi, familiare di Renee Zellweger.

Non c’è Colin Firth, vero. Torna, in compenso, per una rapida comparsata, Hugh Grant. New entry: Leo Woodall, Chiwetel Ejiofor, Emma Thompson…. e diversi altri, per un girato che, ancora in questo caso, non annoia, non delude, non stufa.

TRAMA

Oramai mamma single, vedova del suo Mark – morto in Sudan, dove era in missione umanitaria – la nostra, per l’occasione, cresce due figli ancora piccoli, districandosi con ironia e coraggio, tra lavoro e privato. Bill ha 9 anni, Mabel 4. Per fortuna, al suo seguito ci sono gli immancabili amici di sempre. Più grandi, più consapevoli – tutti – ma non per questo cambiati, almeno nelle intenzioni.

Dunque, al passo con i tempi, Bridget approfitta di una app di incontri per fare la conoscenza dell’assai più giovane Roxster, da cui rimane sedotta. Il figlio Bill, intanto, ha problemi a scuola. Circostanza, che la conduce all’incontro con il sig. Walliker, insegnante di scienze. Su tutto e tutti, gaffe comprese, aleggia il fantasma di Mark…

Semplice, nella costruzione, il girato. Eppure, la pellicola, grazie alla sua dose di citazioni e merito pure dei temi trattati rivendica un posto d’onore tra i vari capitoli che interessano la protagonista. La quale, svincolata dalle dinamiche a cui ci ha resi avvezzi, riesce a spingere la sua voce lontano e si accosta ad un pubblico più ampio. Leonessa imperfetta e quindi vera, come qualcuno ha voluto definirla, nella facoltà di evolversi, senza dimenticare la se stessa del passato.

Chissà, magari l’unica a rimanere leggermente più indietro è proprio Lei, Bridget/Zellweger, vincolata ad ammiccamenti che la rendono riconoscibile, sì, ma lontana dall’oggi. Per il resto, parabola emotiva dei personaggi compresa, ci si diverte per le battute e le situazioni, in equilibrio perfetto tra citazionismo e modernità. Bridget è cresciuta, maturata, invecchiata, il che non guasta. Così, al netto delle somme, questo quarto capitolo si presenta come il migliore, dai tempi del primo film.

Una Bridget, del resto, più misurata e guardinga. Ciò non di meno, non meno ‘comica’, effervescente fonte di allegria, spensieratezza e umano calore. Ottimista per natura. Irrimediabilmente romantica, soprattutto, a dispetto – pure – di quanto le accade.

D’altronde, sarebbe risultato poco credibile, a ben 25 anni di distanza dall’esordio, raccontare la stessa storia, nell’identico modo. Si sarebbe perso di autenticità e, invece, Bridget piace espressamente per questo; per la generosa dose di verità, con cui si propone al suo pubblico. Sorridente, malgrado tutt,; positiva ed imbranata, latrice di un genere di imperfezione che la rende, paradossalmente, agli occhi di chi la guarda, perfetta.

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