Dieta: rivisitata la Mediterranea si guarda all’Africa, in cerca di nuovi sbocchi per la salute
Proprio nel momento in cui la dieta Mediterranea, riconosciuta a tutti gli effetti la migliore in assoluto, si rifà il look, introducendo una maggior quantità di vegetali e rivedendo, in linea generale, i personali parametri, Nature Medicine evidenzia l’azione antinfiammatoria della dieta tradizionale Africana. Basata, quest’ultima, proprio su verdure ricche di fibre e alimenti fermentati. Vantaggio, per sistema immunitario e del metabolismo, che si rende manifesto nel giro di due sole settimane di cambio di alimentazione e che, poi, sembra protrarsi nel tempo.
UNO STUDIO A QUATTRO MANI
La ricerca, che vede coinvolte all’unisono due Università, una in Olanda, l’altra in Tanzania, con il supporto di esperti di Bonn e Firenze, ha preso in esame 77 uomini sani, provenienti da aree urbane e rurali del Paese africano, sottoponendoli, per circa due settimane, ad una serie di sperimentazioni tese a sottolineare gli effetti dell’alimentazione occidentale e, appunto, africana e ad evidenziarne eventuali pregi e difetti.

Ebbene, benché l’analisi si sia ripetuta a più riprese, i dati si sono mostrati già certi, dolo solo la prima trance. Chi aveva abbandonato il primo stile alimentare, in favore del secondo mostrava un netto miglioramento dei marker infiammatori nel sangue e della risposta immunitaria. Al contrario, chi aveva seguito la terapia opposta si ritrovava a dover fare i conti con una serie di parametri negativi, indice di infiammazioni in corso e cattivo metabolismo e una riduzione della capacità del sistema immunitario di reagire all’attacco di virus e batteri.
Non solo. In alcuni soggetti, gli effetti benefici si sono protratti nel tempo, a dimostrazione che anche cambiamenti a breve termine nell’alimentazione possono avere conseguenze durature per la salute.
Addentriamoci, allora, a considerare quali siano i cibi, atti ad implementare il nostro stile alimentare per trarne del bene.
CIBI ALLEATI…
Si parte dalle verdure a foglia verde agli ortaggi, in generale. Cereali integrali (miglio, sorgo, mais non raffinato); legumi, come fagioli e lenticchie; frutta fresca e secca; alimentati fermentati (tra cui bevande a base di banana, mais o miglio, reperibili anche online).
D’altronde, sono numerosi gli studi scientifici, che mettono in guardia dai rischi indotti dall’abuso di preparazioni industriali, sorta di nemici silenziosi che, nel medio-lungo periodo, hanno la capacità di favorire l’insorgenza di patologie croniche: artrite reumatoide, ipertensione… oltre che aumentare il rischio di malattie cardiovascolari e tumori. Fast food & Co., in breve, ci allontanano dall’efficacia di un regime, che potremmo definire ‘sano’.
“Una dieta antinfiammatoria è tipicamente ricca di alimenti integrali, con un’attenzione particolare a quelli vegetali, per il loro profilo altamente nutritivo e ipocalorico”, asseriscono gli esperti.
Largo, pertanto, a frutta, verdura, pesce grasso ricco di Omega 3, noci, semi, legumi, cereali integrali. Anche l’aggiunta di prebiotici, probiotici e spezie come curcuma, pepe nero e zenzero può essere utile. In linea di massima, “Pasti più piccoli e più frequenti rappresentano l’ideale”.
Da evitare, per quanto possibile, per converso, carboidrati raffinati (pane bianco, dolci e patatine fritte), fritti, bevande zuccherate, carni rosse o lavorate, abuso di alcool.
Così, partendo dal presupposto che una dieta non è mai solo cibo, ma un gesto quotidiano, derivato da scelte culturali e dalla forte ripercussione ambientale, persino la Società Italiana di Nutrizione Umana (Sinu) ha provveduto a ridisegnare la Piramide – lo accennavamo – che riguarda la Dieta Mediterranea, aggiornandola con nuove linee guida, specchio delle ultime scoperte scientifiche e di sensibilità più ampie, che prendono in considerazione i contemporanei modelli di sostenibilità e tutela delle tradizioni.

Frutta fresca – dunque – ortaggi di stagione, cereali integrali, legumi vari e olio extravergine d’oliva rappresentano il fulcro della più moderna proposta nutrizionale. Le patate, dato il loro impatto glicemico – tanto per fare un esempio – abbandonano il gruppo delle verdure, per conquistare una posizione intermedia, da consumare con misura, due o tre volte alla settimana.
…E ANTAGONISTI
Carne rossa e insaccati, parimenti, si fanno più rari. Zuccheri raffinati, sale e alcolici si arricchiscono dell’accezione secondo cui meno è meglio; mentre il bicchiere di vino, simbolo conviviale della tradizione, resta ammesso, confinato – tuttavia – ad eccezione. Pesce, uova e carni bianche, a loro volta, restano nel perimetro di un consumo moderato e consapevole, da integrare senza esagerazioni.
Nella distinzione tra formaggi i freschi, come la ricotta o lo stracchino, trovano una via d’accesso privilegiata nella dieta settimanale. Differentemente, i più stagionati – fonte di sale e grassi – vengono relegati a un consumo occasionale.
Ancora: non ci si deve più accontentare di contare le calorie. Oggi, l’approccio con quanto mangiamo deve poter tener conto dell’impronta ambientale, dell’accessibilità economica e persino della valenza culturale. Triplice, l’obiettivo: salvaguardare la salute, proteggere il Pianeta e tramandare la ricchezza della cucina, in una versione totalmente riveduta e corretta.
IL LUNGO CAPITOLO DELLE DIETE…
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