Rep. Ceca sequestra 680mila mascherine destinate all’Italia
Se non fosse per le circostanze in cui si verifica, potremmo raccontarla come un’affascinante spy story, con manovre sotterranee, immancabili colpi di scena e finale inaspettato.
Una trama degna di Hitckock, con i buoni che, nettamente, si distinguono dai cattivi. E’ successo pochi giorni fa, quando foto e filmati hanno smantellato il castello di menzogne messo in opera dalla Repubblica Ceca.
Il merito della risoluzione della spinosa faccenda va a Lukas Lev Cervinka, ricercatore ceco che, onesto e coraggioso, ha denunciato il sequestro, da parte del proprio establishment, di centinaia di migliaia di mascherine, destinate all’Italia. Secondo quanto riporta Repubblica, Cervinka ha portato alla luce una serie di menzogne, tese adobnubilare il sequestro arbitrario della strumentazione inviata dalla Cina, in soccorso del nostro Paese.
La versione ufficiale, smentita da foto e video
Il GR1 ha riferito, per primo, la notizia. Le autorità locali avrebbero fatto sfoggio di sé, vantandosi del duro colpo assestato a chi specula sui prezzi del materiale sanitario. Mascherine e respiratori avrebbero patto parte – secondo la versione ufficiale – del bottino sequestrato ad alcune bande criminali, intenzionate a rivendere i suddetti prodotti ad un valore maggiorato.
Discordante, la testimonianza del ricercatore. Nella giornata di martedì 680mila mascherine e altro materiale sanitario, proveniente dalla Cina e diretto in Italia, veniva sequestrato e bloccato in quel di Praga. Racconto, peraltro, suffragato da foto e video forniti dalle Ong, democratiche ed europeiste.
Visionando il materiale, apparirebbero evidenti gli scatoloni con le bandiere, rispettivamente, italiana e cinese, con annessi messaggi di solidarietà ed incoraggiamento, sia nella nostra lingua, sia in mandarino.
Il ricercatore: “Non ho ancora visto scuse all’Italia”
Lukas Cervinka ha poi aggiunto: “Il ministero della Salute ceco ha insistito nella versione ufficiale, ripetendo la menzogna del sequestro di materiale, destinato a vendite illegali. Tutti i media diffusero allora la storia, ma poi la verità venne scoperta. Si vedevano chiaramente le etichettature sugli scatoloni inviati da Pechino: aiuto umanitario cinese per l’Italia. Eppure, il governo ceco ci ha messo tre giorni prima di dire, non ufficialmente, ma solo con tweets del ministero dell’interno, che ammetteva che, almeno parte del carico, in realtà, veniva dalla Repubblica popolare ed era destinato al vostro paese, come aiuto umanitario.
Aggiungendo, in termini generici, che l’Italia non avrebbe perso nulla“. Immediatamente, sono scattati i collegamenti con la nostra ambasciata a Praga, che ha sostenuto la denuncia dell’uomo.
Indagini e polemiche
“Al momento, manca ancora un’ammissione ufficiale e chiara di colpa del governo. Manca anche, a quanto mi risulta, ogni scusa ufficiale all’Italia“, ha concluso Lukas Cervinka.
Secondo la testata economica Hospodarské Noviny, tuttavia, Pechino e Roma avrebbero già optato per una soluzione ‘più sicura’. Del resto, il materiale confiscato dalle autorità ceche “resterà, di fatto, dove si trova attualmente, giacché è stato già distribuito agli ospedali nazionali mobilitati per affrontare il Coronavirus e registrato nei loro inventari”.
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Un polverone di polemiche, che fa leva su certezze che, per ora, appaiono tutt’altro che inequivocabili. Ma che – certo – non può che suscitare sdegno e costernazione.
Le indagini, intanto, proseguono.
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