Quelle cucine fantasma laboratori d’esperienza e creatività
Covid-19, zone gialle, arancioni, rosse… e tutto quel che ne consegue. Così, per non arrendersi alla pandemia e alle sue inevitabili conseguenze, gli esegeti del ‘Buon Mangiare’ escogitano vie traverse, per arrivare ai palati dei rispettivi clienti.
E nasce, o meglio, si perfeziona, il Food Delivery.
Si ordina a domicilio, per trasportarsi, senza muoversi dalla propria abitazione, in atmosfere e luoghi più o meno lontani dal luogo di residenza. E si gioca, permettendo, in tal modo, anche ai ristoratori di rifiatare. La seduzione del cibo, del resto, è senza tempo. Si muove al di là degli spazi. Così si rende possibile anche avventurarsi in un pranzo o in una cena desueti, grazie alle più moderne e tecnologiche fonti digitali.
Ed ecco, mania che esordisce e si sviluppa a partire dagli Stati Uniti, l’abitudine delle cucine fantasma. Zone franche, per intenderci, in cui condividere l’ambiente di lavoro e, in contemporanea, preparare il necessario per soddisfare le richieste dell’eventuale acquirente. O, magari, testare ricette inedite, sperimentare nuovi menù da valutare per un futuro, si spera, assai prossimo.
Un modo, anche, questo, per amplificare il mercato. Isole creative, soprattutto per i giovani chef, in cui proporre idee innovative riguardo alla cucina e sviluppare, laddove possibile, il personale talento.
E se sedersi al tavolo del ‘posticino preferito’ assume ormai i tratti di una chimera, cresce sempre di più la tendenza ad una compartecipazione tra artigiano della ristorazione e compratore.
A casa, tramite l’ordine on-line, possono arrivare non solo pasti completi ma, al contrario, una serie di ingredienti con tanto di istruzioni al seguito, per comporre la portata in piena autonomia. Terminarla, insomma, grazie ad un lavoro di squadra che partendo dal progettista, tramite un sapiente accompagno nell’utilizzare le materie prime, si traduca al consumatore. Artista per un giorno, non solo cuoco, delle proprie esperienze culinarie.
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