La battaglia dei ristoranti, nel limbo di un DPCM carico di interrogativi
La curva epidemiologica in salita non lascia spazio ad aperture. Almeno non adesso. La linea, al riguardo, è inflessibile. Lo sostiene il C.T.S., lo sottoscrive Roberto Speranza, responsabile per la Salute e, al suo seguito, Ministri e Capidelegazione di Partito, in merito alle possibilità di allungare l’orario di apertura dei ristoranti, fino a tarda sera. Delibera, sia ben chiaro, relativa unicamente ai servizi presenti in zona gialla.
Portavoce della richiesta Maria Stella Gelmini, volto per gli Affari Regionali che ha presentato, su piattaforma, una raccolta di firme indirizzata al Governo.
Draghi, dal canto proprio, si allinea, nonostante il pressing dei Governatori. Mentre questi ultimi, da Toti a Zaia a Bonaccini spingono, quanto meno, sull’eventualità di permettere agli esercenti di scegliere se mantenere aperta l’attività a pranzo, piuttosto che a cena.
Si cercano, in parte si pretendono, segnali d’apertura. Comprensibile, da un a parte. Se non fosse che la situazione, tutta, minaccia nuovamente – voce ai numeri – di precipitare.
“Spero che nel prossimo DPCM ci sia un’analisi molto più profonda, rispetto alle diverse attività“, commenta uno. “Il mondo va nella direzione dei test rapidi, di seconda e terza generazione e dei ‘fai da te’ ad invasività zero“, si spiega. “Così la gente non capisce“, ci si accalora.
Si dibatte, in sintesi, ognuno a sostegno delle individuali ragioni o di quelle in cui più crede. Oggi, intanto, la bozza del nuovo Decreto, in vigore dal 6 marzo. Vedremo. Nel mentre, la variante inglese – e questo un fatto – fa salire le cifre dei contagi, anche tra i più giovani.
LEGGI ANCHE: Verso la futura Pasqua targata Covid
LEGGI ANCHE: Per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?
Commento all'articolo