Questa è L’Italia che ci piace: quella con in mano il biglietto per la celebrità
Quando si dice caparbia e forza di volontà. Così, gli Azzurri volano e ci fanno sognare. Oh, non quelli della Nazionale di Calcio, sui quali ci teniamo ben lontani dal raccontare. Che volete, questione di scaramanzia. Bensì quelli – ed in causa è comunque è un’altra Nazionale – delegati al Basket.
Insomma, quest’estate siamo destinati – chissà, paradigma, forse, di quel che ci è accaduto durante l’inverno – ad elevarci, almeno nei pensieri. A farci forza di uno spirito d’appartenenza, tutto nostrano. E quanto ci piace osservare, dall’altra parte dello schermo, in una sola volta, predisposizione al sacrificio, abnegazione, capacità di fare squadra e gioco, tattica, testa, ascolto e talento nel prevenire le mosse dell’avversario.
Ecco, ieri sera, chi ha voluto assistere al match per la qualificazione alle prossime Olimpiadi ha potuto godere di tutto questo. Quattro quarti intensi, giocati al fulmicotone, dove i ‘nostri’ non hanno perso un minuto o un pallone. Si sono battuti come Leoni, di fronte a colei – stiamo parlando della Serbia – che, almeno su carta, vestiva i panni della favorita.
Eppure noi Italiani siamo fatti così: pigri, indolenti, il più delle volte. Poi, nel momento in cui dentro ci scatta ‘qualcosa’ ci trasformiamo e, come dimostrato in quest’ennesima occasione, non ce n’è per nessuno. Diamo filo dai torcere ai più esperti, ai più qualificati, persino ai più, alti. C’è chi, ieri, tra le fila avversarie, rasentava l’altezza di 2 metri e 24 cm: un muro invalicabile. Non per noi.
L’Italbasket l’ha dominata, questa partita, sin dal primissimo tempo che, anzi, forse il gran merito va proprio ai primi dieci minuti, in cui le distanze si sono stabilite, perentorie.
Gli Azzurri di Meo Sacchetti si sono regalati e ci hanno regalato ben 102 punti, sui 95 raggiunti dai rivali. Ragazzini, in fondo, come quel giovanissimo Nico Mannion – 21 anni – giunto dagli Stati Uniti per dimostrare intuito e sfrontatezza. Il Red Mamba – così lo chiamano, in onore di Kobe Bryant – non ha nulla da invidiare ai talenti più esperti e, anzi, manifesta tutte le premesse per ‘farsi’.
“Finalmente ce l’abbiamo fatta“, ha commentato, a fine competizione, il presidente di Federbasket, Gianni Petrucci. Del resto, la vittoria al Preolimpico di Belgrado ci regala le Olimpiadi, dopo ben 17 anni. Era il 2004, quando il team allenato da Carlo Recalcati conquistò l’argento, ad Atene.
“Una partita straordinaria, che rimarrà nella storia“, prosegue Petrucci. “Una vittoria fantastica, merito di Meo Sacchetti e del suo staff“. E di Polonara, Fontecchio, Pajola e tutti gli altri che, in attesa di un’altra Italia, quella che domani affronterà la Spagna sul terreno di Wembley, ci insegna quanto è bello il gioco, se portato avanti secondo le regole.
“Ragazzi fantastici e ottimi giocatori“, ecco come lo stesso allenatore ha voluto definire i suoi. Il Mister, d’altronde, di riconoscimenti ne ha già le ‘saccocce piene’: Mosca 1980 (Medaglia d’Argento) e Los Angeles 1984 (5° posto). Ma non si basta. Non gli basta e sprona e suda accanto a giovani motivati, mai arrendevoli, determinati e vincenti. Sì, che alla fine si riduce tutto a quell’unica parola ed è o dentro o fuori. Tutto il resto non conta. Almeno fino a domani sera.
Allora, occorrerà tirarsi su le maniche di nuovo e crederci. E sudare. E arrivare fino in fondo. Possibilmente, fino a quell’11 di luglio che, solo, decreterà chi è il numero uno.
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