Ma questo è Caravaggio o un mito del Rock?

Ma questo è Caravaggio o un mito del Rock?

…”due provinciali sbarcati a Roma, perché mossi da una passione autentica“. Pare questo, almeno stando all’attore, il principale punto di contatto tra Riccardo Scamarcio e Caravaggio. Ma l’ispirazione vera pare sia arrivata, nell’interpretazione, direttamente da Michele Placido. Aveva negli occhi una febbre, un’energia, un’urgenza… suggerisce il regista. Insomma, Caravaggio, alla stregua di… Elvis Presley.

Un paradosso, forse, ma tant’è. Alla fine, in qualche modo, suona.

Dunque, Michelangelo Merisi rivive, interpretato dall’ombroso attore pugliese, in una produzione, a dir poco imponente. L’ombra di Caravaggio è costata circa 14 milioni di euro alla Goldenart Production, in collaborazione con Rai Cinema. Presentata alla Festa del cinema di Roma nella sezione Grand Public, è prossima ad uscire, nelle sale, il 3 novembre.

Una riproduzione – stando alle voci – fedele, aderente ai tempi, perfettamente in linea, attraverso costumi e scenografie, con il quadro di un Italia seicentesca. Poco conta. Nell’idea del regista, Caravaggio si fa contemporaneo, sorta di pop Star, dall’esistenza vorticosa. Rockstar ante litteram, “costretto ad affrontare gli inquietanti risvolti di una vita spericolata“.

Un rivoluzionario, che ha preso a modelli, per celebrare la potenza Divina, i vinti, gli umili, le prostitute, i poveri cristi. Li ha plasmati, trasformandoli in una schiera di Santi. “Un uomo, ossessionato dalla voglia di raccontare, attraverso la sua pittura, una visione religiosa completamente nuova…“. Un precursore, un distruttore, un sensibilizzatore.

E, mentre lo si intuisce, il più delle volte, alle prese con i pennelli, ci si lascia, nel frattempo, trasportare nelle vicende di un’indagine – il nostro è accusato di aver ucciso un uomo – governate dall’unico personaggio ‘di fantasia’.

Il là, per la scoperta di amicizie controverse, costellate – soprattutto – di presenze femminili.

La musica, a fare da contorno, è elettronica. Nota da sottolineare, il film non ha ricevuto i permessi della Curia, per potersi girare nelle chiese della Capitale. “Mi sono, allora, ricordato di Napoli e delle tante chiese barocche, gemelle di quelle romane, ma gestite da alcune Associazioni“, confessa il cineasta e, quando gli si domanda, a suo parere, che mestiere svolgerebbe, oggi, l’Artista, se fosse ancora in vita: “Il fotoreporter di guerra, per cogliere il momento“, risponde e si commiata.

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