Made in… Japan
Tatami, Fusuma, Genkan, Ranma… gli elementi, a comporle, riconoscibili, per via della lunga tradizione, sono numerosi e ne fanno, da sempre, un’attrazione, per noi, così lontani dal mondo Orientale e incuriositi, nei confronti di costruzioni tanto diverse da quelle a cui, solitamente, siamo abituati.
Variano per unità di misura, per non parlare, poi, delle caratteristiche pareti scorrevoli a separare le stanze. Insomma, in assemblaggio, un’insieme di requisiti, per uno standard abitativo folkloristico, riferimento, pur tuttavia, per un arredo che si discosti dalle consuetudini a cui siamo più avvezzi.
Del resto, le case giapponesi rappresentano l’anima più antica del Paese: al loro interno tutto ha uno scopo e si riassumono, a guardar bene, in pochi attributi: austerità, semplicità, ordine.
Dai materiali leggeri e porosi alle pareti – come accennavamo – decisamente sottili, prendono le mosse dalle dimore dei ricchi agricoltori del periodo Edo. Il materiale più adoperato, per comporle, è il legno: leggero e in perfetta armonia con quel che lo circonda. Non di meno, conserva il vantaggio di trasmettere calore e la texture, – è noto – si distingue, per l’alto valore estetico.
Andiamo per gradi…
Nel momento in cui si accede in quello che potremmo paragonare, da un certo punto di vista, al bagaglio culturale nipponico ci si trova, tanto per cominciare, nel Genkan, la zona dell’ingresso – cioè – dove padroni di casa e ospiti si tolgono, obbligatoriamente, le scarpe, per indossare le pantofole messe loro a disposizione. La presenza del gradino, a tal proposito, indica il confine tra lo spazio abitativo interno e quello esterno, che non va oltrepassato, se si indossano ancora suole ‘importanti’.
Una volta entrati, ciò che compisce è il pavimento, in Tatami, composto da pannelli rettangolari modulari rivestiti di paglia intrecciata, con il doppio ruolo, estetico e funzionale, di conservare il calore nella stagione fredda e, parimenti, abbellire l’arredo. Secondo il medesimo principio, alle normali sedie si preferiscono gli Zabuton, speciali cuscini, pensati apposta per posizionarsi a terra. Unica eccezione è costituita da cucina e corridoi, dove, invece, torna l’utilizzo di materiali grezzi.
A separare i vari ambienti, le Fusuma. Pannelli rettangolari – per intenderci – strutturati, tramite una rete ricoperta da cartone. A comporli, pure, uno strato di carta o di tessuto, che si ripete su entrambi i lati. In passato, venivano decorati con scene di paesaggi montani, foreste, animali, al fine di donare ulteriore colore. In alternativa, la scelta ricade, tuttora, sulle Shōji, realizzate in carta di riso montata su un telaio in legno, ideali alla separazione dentro/fuori. Niente calcestruzzo, dunque, né cemento, al pari nostro, affinché si preservi, anche, una più adeguata illuminazione.
Quanto, poi, alla sala da bagno, viene separata dalla toilette. Basti pensare a quanto siano frequentate e diffuse le terme e alla loro struttura, decisamente diversa rispetto all’occidentale. Ad arredarla, in genere, l’Ofuro, una vasca profonda, costruita in legno hinoki, un cipresso, capace di resistere alle alte temperature – la si può riempire di acqua calda, fino a 43° – e che, a contatto con il calore dell’acqua, sprigiona un profumo particolare.
Prima di immergersi, è consuetudine lavarsi corpo e capelli su uno sgabello e, solo dopo un efficace risciacquo, si procede. Un rituale che, al di là della più semplice igiene, si distingue per i connotati religiosi e terapeutici. Non solo, apposite fessure sono progettate, il più delle volte, affinché l’acqua che fuoriesce non rischi di allagare la superficie, rendendola scivolosa.
Ultimo atto, la cucina. Simile, per certi versi, alla nostra è, tuttavia, meno attrezzata. Non è comune, difatti, l’uso della lavastoviglie o del forno, cui si preferisce il microonde. In compenso, non manca mai il cuociriso, caratteristico bollitore, predisposto per la preparazione di uno tra gli alimenti che meglio descrivono le tradizioni culinarie, in uso da queste parti.
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