Stonehenge: insospettabile varco per l’aldilà
Stonehenge, o meglio, quelle pietre sospese risalenti al Neolitico, che tanto continuano a far parlare di sé. Il sito archeologico, del resto, da anni attira ricercatori e studiosi.
Ebbene, stando alle più recenti scoperte, la location sarebbe strettamente legata alla connessione tra vita ultraterrena e Solstizio d’inverno. Rappresenterebbe, in sostanza, una sorta di porta per l’aldilà. La teoria – ultima tra tante – arriva da due archeoastronomi, l’italiano Giulio Magli del Politecnico di Milano e Juan Antonio Belmonte, dell’Instituto de Astrofísica de Canarias e Universidad de La Laguna di Tenerife. Ipotesi, la loro, che mira a spiegare la funzione originaria del monumento, situato nei pressi di Amesbury, a circa 13 chilometri a nord-ovest di Salisbury.
TESI E CONTRO TESI
D’altronde, nel corso del tempo, le congetture sono state disparate. C’è persino chi ha pensato che l’imperiosa e surreale struttura fungesse da calendario. Conclusione che, a ben guardare, si baserebbe su una serie di interpretazioni forzate.
Oggi, invece, stando agli studiosi, si è convinti di avere a che fare con il “luogo degli antenati‘. L’archeoastronomia, che spesso utilizza le immagini satellitari per studiare l’orientamento di antichi siti archeologici, “ha un ruolo chiave in questa interpretazione, poiché Stonehenge mostra un allineamento astronomico, rispetto al Sole, in connessione sia all’alba del Solstizio d’estate, sia al tramonto del Solstizio d’inverno“. Secondo i ricercatori, in sintesi, ciò spiegherebbe l’interesse dei costruttori per il ciclo della Stella a cui siamo tanto legati, con un significato – va da sé – più alto.
COME SFATARE I FALSI MITI
Ancora, a discredito di quanto supposto finora, i due autori mostrano che “il lento movimento del Sole all’orizzonte, nei giorni prossimi ai Solstizi, rende impossibile controllare il corretto funzionamento del presunto calendario, poiché il dispositivo, composto da enormi pietre, dovrebbe essere in grado di distinguere posizioni molto precise, meno di 1/10 di grado“.
Non solo. E’ stata presa in esame anche la numerologia. Attribuire significati tal fatta è una procedura rischiosa e azzardata, sostengono i due. Infine, sono stati affrontati i modelli culturali. Una prima elaborazione del calendario di 365 giorni più 1 è documentata in Egitto, solo due millenni dopo Stonehenge (ed è entrata in uso secoli dopo). Pertanto, qualora anche i costruttori avessero ‘copiato’, il lavoro iniziale è stato, via via, perfezionato ed innovato.
Quanto alle basi archeologiche, non sussistono, a fronte di un trasferimento o un’elaborazione di nozioni ricavate dall’Egitto, che dovrebbe risalire, più o meno, al 2600 a.C.
FACCIAMO I CONTI CON LA REALTA’
“Tutto sommato, il presunto calendario solare neolitico di Stonehenge si è dimostrato un costrutto puramente moderno, le cui basi archeoastronomiche e calendariali sono scarse“. Questa, la conclusione degli esperti.
“Come più volte accaduto in passato, ad esempio, per le affermazioni (dimostrate insostenibili dalla ricerca moderna) che Stonehenge fosse usata per predire le eclissi, il monumento torna al suo ruolo di testimone silenzioso del paesaggio sacro dei suoi costruttori, ruolo che – tuttavia – non toglie nulla al suo straordinario fascino“.
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