La rivoluzione ‘lenta’ di Caterina, iniziata dalle mani…
Vogliamo parlare di rivoluzioni? Consideriamo, allora, Caterina de’ Medici. Già, poiché, per chi non ci avesse riflettuto abbastanza, spesso i veri cambiamenti sono quelli che avvengono in maniera silenziosa, lontano dai clamori enormi. Ci accadono, ad un passo e, nel mentre, talvolta, neppure ce ne accorgiamo.
Così è stato per la 14enne, allora, mentre supervisionava le sue guardarobiere, intente a preparale i bauli che l’avrebbero accompagnata in Francia. Un viaggio calcolato, predisposto, affinché sposasse il secondogenito del re, Enrico, Duca d’Orléans. Era l’anno 1533. Nessuno, ovviamente, l’aveva consultata. Che bisogno ce n’era, del resto. La sua famiglia di banchieri avrebbe avuto l’onore di poter mescolare la propria discendenza a quella reale. Dal canto suo, il re di Francia avrebbe beneficiato di una dote sostanziosa.
Ebbene, proprio nel segreto di quei bagagli si nascondeva un accessorio – o meglio, più accessori – tanto cari alla nostra: diverse paia di guanti, profumati con le essenze del convento di Santa Maria Novella (si narra, a tal proposito, che il celebre profumo agrumato Acqua della regina, tutt’ora in vendita, le sia stato tributato appositamente).
Ma torniamo a noi…
Pare che Caterina cambiasse i guanti più volte al giorno per percepirne una nota diversa, o – più banalmente – per coprire i cattivi odori che la circondavano.
Fin qui, gli antefatti di una storia – quella di Caterina e dei suoi guanti, appunto – illustrata, passo passo, nell’opera di Annabelle Hirsch, scrittrice, che ha voluto racchiudere – capitolo tra cento – nel libro Una storia delle donne in cento oggetti (Corbaccio Editore), personali scoperte e riflessioni.
Riemerge alla luce, in tal maniera, la storia di quadri o reperti archeologici, ma anche il resoconto di oggetti comuni, apparentemente insignificanti ma in grande uso. “Volevo fosse una passeggiata nella storia. Volevo dimostrare che le donne sono state parte dei momenti importanti, delle guerre, delle rivoluzioni, dei movimenti intellettuali, per cui ho cercato oggetti che potessero raccontare anche questo. Ho cercato di toccare temi come sessualità, maternità, la scrittura, lo spazio pubblico, il rapporto con il corpo femminile. Non ho realizzato fino alla fine di aver scelto un numero considerevole di oggetti di moda e cosmetica, ma penso abbia senso, perché entrambe le categorie sono state una parte importante nella vita delle donne. Da una parte, strumento di oppressione e oggettificazione; dall’altra anche mezzi di emancipazione ed espressione personale“.
E chissà se, alla guisa di Maria Antonietta, in un altro momento storico, Caterina giunse in terra straniera, appena adolescente, confortata, almeno in parte, da quel vezzo che la riportava alla sua Firenze. Per tutti, a Parigi, rimaneva l’Italiana – l’altra, non a caso, sarebbe stata identificata come l’Austriaca. Né mai, in prima persona – vale la pena sottolinearlo – ha inteso rinunciare alle sue radici.
I cambiamenti culturali imposti a Corte, a partire dalla cucina o dalla sua cavalcata all’amazzone, fatto che causò enorme scandalo, si tradussero presto come benefici, privilegi, di cui poté usufruire il regno da Lei governato.
Ritratto di una donna speciale
“È piccola di statura e magra, non ha lineamenti fini e ha gli occhi sporgenti, come tutti i Medici“. Ecco, riportata, la descrizione che ne tracciava, ai tempi, l’ambasciatore veneziano Antonio Soriano. Non particolarmente bella, Caterina si è, tuttavia, distinta per la personalità. Ha diviso a lungo il marito con la sua amante, Diana di Poitiers, rimanendo senza figli per dieci anni (la coppia ne ha, poi, avuti, paradossalmente, dieci). Anni di particolari pressioni visto che, nel frattempo, all’improvvisa morte del fratello, Enrico era diventato erede al trono e poi re di Francia, facendo assurgere inevitabilmente Caterina al ruolo di regina, nel 1547.
Bastò poco perché, proprio i guanti, divenissero una sorta di cimelio. L’accessorio della delfina, oggetto dei desideri di nobili o meno. Diventava complicato, però, farseli spedire da Firenze, in grandi quantità. Occorreva scovare un produttore francese. La città di Grasse, in Provenza, era nota per la concia delle pelli; perché, dunque, non provare a far profumare direttamente i guanti dagli artigiani locali? Operazione, peraltro, utile pure ad eliminare il cattivo odore dalla pelle lavorata. La Provenza, d’altronde, grazie alle sue erbe aromatiche, si presentava come sito ideale per la coltivazione di fiori, con temperature miti, tanto Sole e suolo fertile. Un breve passaggio, per far sì che la città divenisse il simbolo della profumeria francese, sede della corporazione dei guantai-profumieri, evoluta successivamente nella professione vera e propria dei creatori di profumi.
“La storia di questi guanti, in particolare, mi piaceva, perché spesso sottostimiamo quanto le donne abbiano influenzato la cultura nella nostra società. Inoltre, molti scambi culturali sono avvenuti per mezzo delle donne. Erano loro a doversi sposare e spostare da un paese all’altro, per rinforzare qualche alleanza e portavano con sé oggetti sconosciuti, modi di fare, idee diverse. Hanno – di fatto – creato ponti culturali, legami emotivi, estetici e intellettuali, attraverso questi oggetti“.
La sanguinaria…
Nonostante la fama, accresciuta, dei guanti profumati di Grasse, Caterina, fedele a se stessa, continuava a preferire le essenze del suo profumiere di fiducia, fatto arrivare direttamente dall’Italia. Renato Bianchi – René le Florentin – aveva aperto una sua bottega a Parigi, dove rivendeva il meglio di quanto appreso presso il convento di Santa Maria Novella, dove era stato apprendista. Talmente abile, da ammantarsi persino dell’oscura nomea di avvelenatore. I pericolosissimi unguenti sarebbero stati nascosti proprio nei guanti che sua Maestà regalava ai nemici… Certo, non esistono prove, al riguardo. Tant’è. Alla dipartita di Enrico, la donna, salita al potere, regnò per diversi decenni, al posto dei figli, ancora piccoli.
Leggenda vuole che abbia causato la morte della consuocera, Giovanna III regina di Navarra, ‘per liberare in fretta il trono’, si dice.
Non è raro, inoltre, trovare al suo riguardo scritti, atti a descriverne il dispotismo e l’indole sanguinaria. Va però, fatto notare come fossero, quelli, gli anni delle guerre di religione, che poi culminarono nel massacro della notte di San Bartolomeo, nella cui organizzazione rimane ancora affatto chiaro il ‘peso’ del contributo della regina.
Ciò nonostante, sia Caterina, sia i suoi guanti sono passati alla storia. D’altronde, cosa interessa “la sua morale, o se fosse una persona gentile, o magari crudele, o sessualmente depravata“? Come spiega l’autrice, “Era una donna, era una straniera e aveva potere. Già questo è incredibile. In termini di influenza culturale è stata una forza enorme, ha cambiato molte cose, in Francia e nella cultura francese. Forse ha ucciso con i suoi guanti avvelenati come Medea con i suoi abiti…. ma è interessante come questo sia considerato qualcosa di assolutamente scioccante se fatto da una donna. Normale, se fatto da un uomo“.
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