Marinai, donne… e tatuaggi

Marinai, donne… e tatuaggi

Un tempo facevano bella mostra di sé, affacciandosi dagli avanbracci dei marinai, simbolo, al contempo, di chi aveva trascorso parte dei propri giorni dietro alle sbarre. Insomma, ammettiamolo, non erano certo visti di buon occhio.

Poi, lo sdoganamento e, da allora, a partire – cioè – più o meno dagli anni ’90 dello scorso secolo, si sono fatti strada, sorta di viaggio iconografico sull’epidermide di molti… e molte, pratica comune, oramai e socialmente accettata.

Oggi come oggi, sta prendendo sempre più piede la moda di rimuoverli, inseguendo l’onda del pentitismo generale. Capricci, come quelli a cui ci hanno abituati le diverse epoche, a seconda – pure – del racconto della Società.

Sicuro è che, laddove altrove – per tradizione – hanno assunto una significazione specifica, linguaggio trascritto sulla pelle, vero e proprio rituale, in Occidente i tatuaggi e l’arte ad essi legata è coincisa, sovente, con l’idea di trasgressione, creando scalpore, soprattutto se adoperata a guisa di monile sul corpo femminile. Sconsigliati o, peggio, malvissuti, tranne il momento in cui si siano rivelati forieri di fama e successo. Chi lo sa, probabilmente, per una serie di circostanze fortuite.

PICCOLI E BREVI ANEDDOTI

Eseguiti, la maggior parte, per puro diletto o, ancora, inspiegabili, come quello rinvenuto ad adornare le resta di una mummia scoperta a Deir el-Medina, risalente a 3.000 anni fa.

Serigrafate, si evidenziavano, infatti, le immagini di babbuini seduti, cobra, mucche e fiori di loto. Vista l’epoca, si suppone si tratti di una guaritrice e, magari, si presume, altro non stavano a significare che amuleti, per proteggere la salma nell’aldilà. La pratica ricorreva, inoltre, per radicalizzare ulteriormente il legame tra madre e figlia o come strumento di salvaguardia contro la sterilità, come nel caso della popolazione russa dei Ciukci

SI E NO

Non solo, l’antropologia, al riguardo dell’argomento è, da sempre, rimasta affascinata e così altrettanto la letteratura, includendo le osservazioni di numerosi studiosi, tra cui Lombroso, convinto sostenitore che le persone tatuate fossero criminali istintivi. Turbato anche dal fatto che le donne si potessero sottomettere ad interminabili e dolorose sedute, con il solo scopo di appagare la propria smisurata vanità.

Fatto sta, dalle ‘Signore bene’ alle circensi, l’iniziale escamotage di bellezza assunse, via via, i tratti simbolici di un qualcosa, capace di aumentare il potenziale e il valore di colei che lo indossava, al pari, se non addirittura con maggior credito, dei colleghi uomini. Più scabrosa era, insomma, la storia che ne scaturiva: rapimenti, prigionia… o quel che suggeriva la fantasia, più gli ingaggi si facevano remunerativi e più agiato il tenore di vita.

ITINERARI DI DONNE CHE HANNO FATTO LA DIFFERENZA

Riemersa dal permafrost siberiano nel 1993, una donna sepolta nel V secolo a.C. mostra sulle braccia tatuaggi sorprendentemente avantgarde, per l’epoca: un cervo con becco da grifone e corna da capricorno, una pecora e leopardi delle nevi.

Dalla Siberia al Nord America. Nel 1851, Olive Oatman riportò la sua personale vicenda. Catturata dagli Yavapai, per poi essere adoperata come merce di scambio e, infine, riscattata dall’esercito americano, la donna tornò a casa con il mento ricoperto da cinque linee parallele atte, tutto lascia pensare, a garantirle l’aldilà. Comunque siano andate le cose, la Oatman fu tra le prime a guadagnarsi da vivere, proprio grazie alla sua esperienza.

A sua volta, Nora Hildebrandt, con i suoi 365 tatuaggi spacciati come conseguenza della cattura da parte di Toro Seduto, in realtà realizzati dal marito Martin, famoso tatuatore, sbeffeggiò l’opinione comune. L’ereditiera Aimée Crocker – ancora – nota come la Regina di Boemia, oltre ad essere famosa al cospetto dell’alta borghesia americana per i party stravaganti, tra San Francisco e New York, lo era, appunto, per i suoi tatuaggi, realizzati nel giro di dieci anni, trascorsi in giro per il mondo. Tra i tanti soggetti rappresentati comparivano un serpente sulla gamba e una farfalla sulla schiena.

SOLDI, SOLDI, SOLDI…

Per quanto riguarda la professione, le abilità e le tecniche erano gelosamente custodite dagli uomini. A fare da apripista all’altra ‘metà della mela’ fu Maud Stevens. Contorsionista e acrobata, pare abbia convinto il futuro marito, Gus Wagner, ad insegnarle la tecnica in cambio di un appuntamento, dopo averlo visto lavorare su 1.900 persone, in occasione dell’Esposizione Universale di inizio ‘900. Chiudiamo il brevissimo excursus con Mildred Hull.

Nel 1936, la donna finì sulla copertina della rivista Family Circle. Ex ballerina di Burlesque, i suoi 300 tatuaggi foraggiarono la frequentatissima attività che gestiva dietro quella di un rinomato barbiere di New York. Negozio, il suo, rimasto attivo per ben 25 anni. 

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