Mangiare, viaggiare, divertirsi… purché sia Social
“Ciao! Ti andrebbe di farmi compagnia?” In breve, si riduce a questo uno tra i fenomeni che sta prendendo sempre più piede tra le piattaforme Social. In pratica, se di ‘amici’ – quelli in carne ed ossa – non se ne parla, basta scaricare – che ad oggi tutto, o quasi, funziona così – l’apposita applicazione sul telefono per fare nuovi incontri e ciò vale per un pranzo o una cena, come pure per un viaggio.
Ci si incontra, tradotto; ci si conosce, si socializza. Social eating, che assume anche le sembianze di Social travelling, alla bisogna e che rappresenta la più recente frontiera digitale del fare amicizia.
Il concetto, di per sé, non rappresenta certo una novità. Dalle osterie, alle piazze, in alcune tra le città più storiche d’Italia, si aprivano, già un tempo, le porte a chiunque lo desiderasse, per discutere di cultura o approfondire le tradizioni del posto. Oggi, vince la rete, la messaggistica digitale. Insomma, ci si regola così. L’esigenza di allargare la propria cerchia di conoscenze è la medesima; cambia, evidentemente, la location in cui ci si muove nella ricerca.
Non è più la scuola, l’università, la palestra… ci si sposta, invece, su Internet ed è da lì che tutto parte.
Smartphone, insomma, come ponte tra se stessi e tutta una serie di sconosciuti, pronti ad assumere un significato più o meno preponderante nella nostra esistenza. E’ su questa base che è nato, ad esempio, l’Home restaurant, assurto a vero e proprio business, con proprietari di casa che si improvvisano chef o che, in quanto tali, mettono a pagamento il servizio di una cena tra estranei.
In tal senso, le Cesarine rappresentano la più antica assemblea di cuoche casalinghe d’Italia, che aprono le porte della propria abitazione a viaggiatori provenienti da tutto il mondo, “offrendo loro esperienze immersive in location suggestive. Dal 2019, Cesarine è comunità diffusa Slow Food per la salvaguardia della cucina tradizionale italiana“.
Poi c’è chi organizza serate ed eventi. Assunto di base di Gnammo è: “il social più antico è quello della tavola“, tanto per dirne una. C’è chi partecipa a cene o pranzi in ristoranti, ma anche uscite al cinema, al teatro, al museo. Il gruppo che si forma sceglie il tipo di attività e – senza alcun tipo di interesse secondario – nella maggior parte dei casi, riesce a creare legami duraturi.
Altrettanto valido il concetto resta, quando si tratta di armarsi di bagagli e partire. Si sceglie una meta, si paga un pacchetto e, insieme a gente mai vista prima, ci si affida alla guida che, conoscendo a fondo la destinazione, gestirà la visita di gruppo. Anche in questo caso, il principio è lo stesso. La necessità di sperimentarsi in comunità supera interessi particolari o secondi fini e apre le porte al piacere dell’esperienza in sé.
La nuova abitudine, oggetto di studio anche tra sociologi e psicologi, ha puntato il dito sulla volontà di avvicinarsi a stili di vita diversi dal proprio. Dunque, si è sviluppata una naturale predisposizione verso attività che rientrano nella sfera dei lifestyle facilitator. Una su tutte, il car sharing. Gli studiosi parlano, sull’argomento, di liquid consumption, un tipo di consumo – vale a dire – che rinuncia all’aspetto materialistico e al possesso, capace, al contrario, di adattarsi e trarre beneficio da una dimensione transitoria.
In altre parole, le esperienze prescindono dall’immanente o dal ricavato, ma traggono la loro forza dalla convivialità.
Esempi virtuosi, in tal senso, si riscontrano anche nelle realtà che consentono, a basso costo, occasioni di co-housing, la condivisione – cioè – di abitazioni, o nella silver economy, affinando le pratiche relative alla longevità all’elemento condivisione. I maggiori utenti? Banale la risposta: la Gen Z e i Millennials, specchio di un mondo in eterno movimento e in rapido cambiamento. Noi Boomers o appena sulla soglia? Un po’ più a rilento, forse, a passi leggermente più incerti, ma ci muoviamo comunque. Desiderosi di adattarci ai tempi, di sentirci ancora giovani e vivi e curiosi, soprattutto. Caratteristica che, ahinoi, dobbiamo ammetterlo, non è proprio tipica delle generazioni più in erba.
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