Ti aspettiamo, Alberto!

Ti aspettiamo, Alberto!

La sfida – televisiva – era iniziata giovedì 27 giugno. Lo scorso giugno, in una prima serata che non si misurava come un assolo, ma che mostrava già i connotati di una battaglia – improba, a quanto pare – contro una concorrenza ‘spietata’.

Temptation Island è stata finora – volendo escludere gli Europei di Calcio – la trasmissione più seguita – in prime time – di questa afosa estate, con share altissimi e un numero di spettatori – circa tre milioni e mezzo ogni puntata – da far invidia a chiunque.

Dunque, l’assunto da parte dell’Azienda, dopo le prime quattro puntate, è stato “tutelare un prodotto d’eccellenza“. Dunque – secondo dunque – Noos, lo sappiamo oramai tutti, chiude i battenti. Anzi, ha chiuso i battenti, almeno per un po’.

L’avventura della conoscenza, così come recita il sottotitolo, evidentemente, non era abbastanza stimolante, accattivante, intrigante… – scegliete l’aggettivo che meglio e più preferite – per mettersi alla pari, nel cuore degli spettatori – con i ‘panni sporchi’ lavati in pubblico delle coppie sbarcate in Sardegna, per risolvere le loro questioni amorose. Chi se ne importa del Museo Egizio di Torino, di Pompei… specie sotto i raggi impietosi di un Solleone che ci vuole tutti perennemente fiacchi e sfiancati e, per conseguenza, poco desiderosi di metterci a pensare.

Tant’è, destinazione, per il buon Alberto Angela, il prossimo 22 agosto. A pensarci bene, manca meno di un mese. Che abbiano vinto le ‘storie di corna’ – sapientemente condite, oltretutto – è un dato di fatto e sciocco sarebbe sorprendersi. Tuttavia, rimane il rimpianto. Il pensiero che si sia persa un’occasione, l’ennesima, in cui – comunque – concedere al ‘pubblico sovrano‘ la possibilità di scegliere.

Avete presente quando, in virtù della settimana Sanremese, i palinsesti delle reti concorrenti si svuotano? Ebbene, si tratta un po’ del medesimo processo. A fronte di un vincitore già scritto, ci si ‘arrende in partenza’. Colpa – se di colpe vogliamo parlare – non certo del programma. Il marchio ‘Angela’, di per sé, richiama come sempre qualità. Responsabilità, piuttosto, delle dinamiche televisive: la scelta della messa in onda, l’analisi della concorrenza, il quoziente pubblicitario associato… che impongono decisioni differenti.

La scelta di rivolgersi ad una nicchia richiede coraggio e un’enorme grado di pazienza, tra l’altro. Il percorso alla fidelizzazione si fa, talvolta, impervio ed insidioso. Eppure siamo del parere che, di tanto in tanto, occorra rischiare. Assumersi l’onere e andare dritti per la propria strada. Ora, del resto, si è aperto il capitolo Olimpiadi – e anche lì, già solo sulla cerimonia d’apertura ci sarebbe tanto da dire – perciò, l’esigenza di ‘fare spazio’ ad altro, per non bruciare definitivamente quel che a gran voce reclama valore è del tutto comprensibile.

Però ci dispiace. Approfondimento e divulgazione, sia pur destinati a pochi, sono necessari. Per diversificare l’offerta, per rispondere alle esigenze di quanti, a dispetto di tutto, hanno comunque voglia di sapere. Perché solo proponendo si ha la possibilità di incuriosire e chi meglio dell’Ammiraglia Rai è delegata a questo ruolo?

Il maestro Manzi. per chi lo ricorda – a suo tempo – altri tempi, lo sappiamo – ha insegnato agli Italiani… l’italiano. Non chiediamo tanto, ovvio e ci rendiamo conto pure – noi, amatori del mezzo – che la tv non è più quella di una volta. Lo streaming ha fagocitato i programmi in chiaro e, quando non lo abbia fatto definitivamente, di certo ha trasformato i lamenti in rantoli. C’è, intanto, però, chi ancora il telecomando – a dispetto di tutto – lo usa. Lo adopera – strano ma vero – per vedere ‘questo e quello’.

C’è chi sostiene che una cosa escluda l’altra, come se noi esseri umani potessimo essere solo infimi o socialmente elevati. Baggianate. Siamo… quel che siamo. Siamo entrambi, volendo citare il buon Maurizio Costanzo. La vita stessa è così, fatta di momenti aulici ed altri, dove si finisce per collassare con il sedere a terra.

Pazienza. Un tempo ci si proponeva, negli intendimenti, almeno, di diversificare l’offerta. Un modo come un altro per spalancare le menti. Oggi, quel che più mette tristezza è che l’intrattenimento sovviene al pensiero. Ci si distrae – legittimo – senza tuttavia, tranne in rari casi, sollevarsi un pochino dall’ordinario.

E sia. E’ l’estate, che recrimina riviste lette sotto l’ombrellone, parole crociate, giochi aperitivo… eh no! Quella era l’estate di una volta. Oggi schiamazzi e chiacchere rimangono, ma in spiaggia – quasi quasi – non si vende più nemmeno il cocco.

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