Diario di A.

Diario di A.

Atto II: “Le decisioni

Ok ok, Avete ragione! Non esiste atteggiamento più terribile del piangersi addosso. Per non parlare di quell’antico detto che sconsiglia di desiderare fortemente una cosa. Qualsiasi cosa, perché poi lo stesso desiderio potrebbe avverarsi.

Tradotto, ci siamo. Volevo una repulisti e, adesso, la vita mi pone di fronte a cambiamenti concreti. Casa, uomo, lavoro… non c’è che l’imbarazzo della scelta e, inaspettatamente, il fatto di trovarmi ad un bivio, diversamente dal solito, anziché elettrizzarmi, mi spaventa.

Sto invecchiando? Mi domando. Oh no, non parlo dell’età che, come sempre, rappresenta un dettaglio. Mi riferisco, piuttosto, alla sensazione di voler conservare tutto esattamente come è. Rifiutarsi di muovere le pedine e, per quanto possa sembrare doloroso, restare fermi. In alternativa, vedersi planare addosso l’ignoto, come una sorta di nube tossica dalla quale sembra impossibile sottrarsi.

Pensare che proprio quella nuvola la si è invocata, fino all’attimo precedente. D’un tratto, invece, il terreno ha tutta l’aria di scricchiolare sotto i piedi.

To let myself go. Sì, ma dove? Come si fa a capire quale sia la direzione giusta. Magari si fa un giro largo e poi si torna indietro… Si respira, per un po’, aria nuova e poi ci si ricolloca in riga, da bravi soldatini. Oppure no. Le cose, forse, sono talmente cambiate, nel frattempo, che è inutile barricarsi dietro le illusioni. Il dado è tratto, Baby. Alea iacta est e non c’è modo di recedere.

Continuo a ripetermi che, in fondo, lo scombussolamento generale che mi vede nel bel mezzo di un vortice, incastrata, non è poi del tutto un male ma la paura, quella, non riesco comunque a tenerla a bada.

Problema: 2 + 2 fa sempre 4? Ho imparato: non necessariamente. Quindi, benché abbia seminato sfilze di 2 in ogni direzione, il timore, di più, il terrore è che i conti, alla fine, possano non tornare. Merito/colpa di quello che potremmo definire ‘fattore umano‘. Incognita, che riguarda me in prima persona e anche chi è intorno a me e finisce per condizionare tutte le previsioni o le scelte.

Sliding Dooors, già, ma mi chiedo quale sia la porta da aprire. Non parlo di ragionevolezza, badate. Intendo, piuttosto, dar retta alla pancia. Fidarsi del terzo occhio che tutto vede e prevede e che, per la circostanza, sembra aver perso momentaneamente la voce.

Averte presente i quartieri partenopei dove si gioca ancora, nel bel mezzo della strada, a ‘Carta sì, carta no’? Esperienza suggestiva, folcloristica, poetica, perfino. Solo che non sono Io a tenere le carte in mano. Sto lì, con tanto di occhi spalancati, concentrata a studiare le mosse dell’avversario, nel tentativo di individuare il quid che potrebbe rigirare le sorti della mia intera esistenza. Il punto è che, stavolta, tutto suona di ineluttabile, ha il peso dell’irreversibile…

Al dispiacere di lasciare e lasciare andare si somma, pertanto, il dubbio di potermi pentire… l’incertezza, di fronte ad una realtà che si sta predisponendo, forse, più adatta alla me di oggi ma che rimane appena tratteggiata, nebulosa, in fin dei conti e ancora troppo lontana da afferrare.

To let myself go, mi ripeto e se non sono Io a lasciami fluttuare, come spero possano farlo gli altri? Le barriere sono quelle che il mondo ci costruisce attorno o sono quelle che, in verità, ci mettiamo da soli?

Immaginate, per un istante, la tavola apparecchiata. Lì, piazzato di fronte agli occhi, avete il vostro piatto preferito. E’ invitante, sa di buono ed è stato cucinato, apposta per l’occasione. Preparato, per di più, secondo la ricetta che piace a voi. Nessuna aggiunta; no ad un surplus di ingredienti, magari sgraditi. E’ fumante e non fa che ripetervi ‘mangiami‘ o, almeno assaggiami!

E avreste tutte le intenzioni di divorarla, quella pietanza, se non fosse per la vocina che, sotto traccia, vi ossessiona. Continua a ripetervi, allusiva, perfida, insinuante: ‘E se fosse avvelenato?’. Caspita, datemi una macchina e fatemi scappare. Anzi, datemi un aereo e permettete che voli via, dove non devo scegliere; dove non c’è bisogno di crescere…

Il cambiamento è per forza un bene? E’ necessariamente un male?

Vi aspetto. Attendo i vostri consigli, i commenti, gli sfoghi, o tutto quel che vi attraversa la mente. E’ un portfolio di idee e riflessioni questo e quel che se ne ricava – ne sono convinta – può rivelarsi in ogni caso utile, non soltanto per me…

Scrivetemi! Scrivete a Diario di A.: evamielefederica@gmail.com Sarà un piacere ascoltarvi, rispondervi, confrontarci insieme…

ATTO I: “Le suggestioni