Coppie che scoppiano dopo il lockdown
‘Niente nuove, buone nuove‘, si diceva un tempo. E invece le nuove ci sono. Eccome.
I dati parlano chiaro. I matrimonialisti, in quel della quarantena, non hanno smesso di affaccendarsi, neppure per un giorno. Da remoto, hanno continuato a ricevere e misurarsi con una valanga di messaggi, che denunciavano scontento, irrequietezza, insoddisfazione.
Il Coronavirus, evidentemente, non ha fagocitato solo la spensieratezza, trascinando con sé la possibilità di scambiarci un abbraccio, di fare ‘comunella’, di ritrovarci al bar, piuttosto che ad un concerto. Ha fatto incetta delle ingenuità e delle illusioni, mettendoci di fronte al nostro sentire, senza mezze misure. La rivoluzione delle abitudini ci ha costretti a rivedere anche i rapporti e la convivenza, si sa, è una ‘brutta bestia’. Sono saltati, d’un tratto, gli equilibri e ciò che, più o meno consapevolmente, per molti, reggeva da collante.
E’ bastato un ostacolo, concreto ma pur sempre affrontabile, perché l’adeguarsi a nuovi ritmi non scelti, non voluti, per nulla desiderati, alterasse quella che era stata disegnata come una vita perfetta. Tutto al suo posto e ogni cosa al posto giusto.
Ecco allora che, persino un’ora in più trascorsa sotto lo stesso tetto si è dimostrata fin troppo rivelatrice di un malessere che, a quanto pare, serpeggiava nell’ombra. Dividersi lo spazio e, pertanto, ripensare alle tempistiche del quotidiano, in base ad esigenze non solo personali, ha dato modo ai più di ribaltare la prospettiva con cui osservavano l’universo personalissimo nel quale si erano rifugiati. Di qui, lo strappo.
Annamaria Bernardini de Pace, nota avvocatessa, esperta in diritto civile, ha contato sessanta email, da quando, in Italia, si è fermato tutto. E, con la Fase 2, ha avviato dodici nuove pratiche di separazione. “Per queste coppie l’equilibrio si fondava sul non vedersi e sulla possibilità di incontrare l’amante. Venuti meno entrambi i presupposti, non hanno retto“, racconta. E ricorda quanto è stato complicato fare certificazioni, chiamiamole pure di ’emergenza’. “Una mia cliente ha cacciato di casa il partner, che ha dovuto ripiegare sulla madre. Nella certificazione, abbiamo scritto che aveva bisogno di assisterla, perché stava male“.
E se gli uomini hanno dimostrato un’ingenuità che strappa quasi un sorriso: “Un marito sperava di farla franca con la scusa della coda chilometrica al supermercato. In realtà, vedeva l’amante, che peraltro era la dirimpettaia, e in fila mandava un’altra persona. Peccato che la moglie si sia insospettita e lo abbia seguito. Il risultato è che mi hanno chiamato all’una di notte e non capivo se urlasse di più, lei o lui“, dice Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione matrimonialisti italiani. Di fatto, si registra, da parte degli studi avvocatizzi, un aumento del 30%, tra appuntamenti e incarichi. Aggiunge: “Nei tribunali, incrementi così importanti delle udienze per le separazioni si registrano solo a gennaio o febbraio, dopo le vacanze di Natale, e a settembre e ottobre, dopo quelle estive“.
Del resto, non si tratta di una tendenza circoscritta alla Penisola. Inghilterra e Francia non sono da meno. Anche se, ad abitare il podio è la Cina. Nella città di Xi’an, le richieste di divorzio sono diventate ingestibili. Strade senza ritorno, come denuncia anche Valeria De Vellis. “Di solito, se vedo che due coniugi hanno ancora qualcosa da dirsi, specialmente con figli, sono la prima a mandarli in terapia di coppia“, chiarisce il legale, che ha assistito Silvio Berlusconi nell’addio a Veronica Lario. Ma, incalza, “…dei casi arrivati sulla mia scrivania, in questi giorni, non c’è nessuno da salvare. Sono situazioni ampiamente logorate, esplose durante l’isolamento“.
44 anni lei, 47 lui – in media – e i figli, che non bastano a colmare l’abisso che si è creato nel mezzo. Una fotografia chiara e spietata delle impotenze nelle quali ci vediamo vincolati. Prigionieri spesso di noi stessi, prima ancora che del partner.
A questo scopo, c’è chi ha pensato di istituire un sito, con l’intento di dare una mano nell’acquisire consapevolezza e offrire gli strumenti, per affrontare una eventuale separazione. “Declinato sulla sensibilità delle donne, per aiutarle a liberarsi di una relazione che non le rende più felici, proprio come un escapologo si libera dalle catene“, spiega Vieri Piccioli, responsabile dell’idea. A volte, insomma, non resta che ammettere la fine di una relazione.
Allora, è bene subito chiarire che il punto stabilisce non solo una fine, ma dà il là ad una nuova ripartenza. Tanto vale nasca su presupposti diversi, che poggi su un cambiamento capace di prefigurare un sodalizio – il prossimo – migliore.
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