Il nuovo volto del calcio che ha voglia di fare ‘coming out’
Ha preteso di mantenere l’anonimato. Si sa, però, che è tesserato in Premier League, e che ha – evidentemente – paura. Si tratteggia, così, la denuncia di un calciatore, con la voce di chi non trova il coraggio di rivendicare il giusto tono. E’ gay, ma teme di rivelarlo.
Eccolo, dunque, quel primo coming out, tanto atteso nella Massima Divisione inglese.
Nulla di strano, in effetti. Eppure, tra le fila degli sportivi, sembra imperare ancora – sottobanco – un sottile ma costante maschilismo. Un ostracismo sottinteso ma assiduo, nei confronti del ‘diverso’.
Abbiamo sdoganato di tutto, ci siamo fatti bandiera delle libertà e dei diritti di chiunque, a vari titoli, ma non sembra mai abbastanza. I luoghi dello sport – o meglio, alcuni luoghi dello sport – pare debbano rimanere intoccabili. Intonsi, rispetto al mondo che cambia, che si apre, che guarda oltre…
Così arriva, in forma di lettera, lo sfogo, diretto alla Federazione Britannica, di un giocatore. Un ragazzo, che sottolinea, attraverso le parole, l’enorme difficoltà nel celare il malessere di non poter esprimere se stesso, liberamente.
“Sto vivendo un incubo, visto che sono gay ma ho paura a dirlo“, scrive. “Sono consapevole che rivelandolo mi renda poi le cose peggiori“. E prosegue, evidenziando, tra le righe, come qualcosa lo faccia sentire – più o meno impercettibilmente – differente dai suoi compagni.
“Solo i membri della mia figlia e un ristretto gruppo di amici è al corrente della mia sessualità… Passo la maggior parte del tempo con quei ragazzi e scendiamo in campo come una squadra. Ma qualcosa, dentro di me, mi rende impossibile essere onesto… Spero, un giorno, di poterlo fare“.
Nei mesi scorsi, era stato l’ex Hull City, Thomas Beattie, a rivendicare pubblicamente la propria omosessualità. Una decisione non certo presa a cuor leggero, quella assunta dall’ex difensore, che ha deciso di farsi avanti, dopo quasi 30 anni da colui che, nella storia del calcio, fu il primo, in assoluto, nel Regno Unito. Era il 1990 quando Justine Fashanu ammise di essere omosessuale, ripercorrendo le tracce del tedesco Thomas Hitzlsperger e dell’americano Robbie Rogers.
Tutti casi – va detto, e si commenta già da sé – di professionisti, che avevano ormai abbandonato la propria attività.
La Football Association – dal canto proprio – ha manifestato solidarietà al ‘nostro’, dichiarandosi pronta ad offrire “pieno supporto“. Troy Deeney, attaccante e leader del Watford, si è sbilanciato ancor di più: “Credo che ogni squadra abbia almeno un calciatore gay o bisessuale e spero che si facciano avanti. Perché se lo fa uno, poi altri cento diranno ‘anche io’, nel giro di una settimana“.
Vedremo. Work in progress, verrebbe da dire, nel frattempo. Con buona pace dei ‘puristi più incalliti’.
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