Betelgeuse e le altre: storia dell’evoluzione di un Pianeta
Sapete cosa sia una Supernova? Per i meno informati, si tratta di una violentissima esplosione, che comprende una o più stelle, e che di solito ha ripercussioni, di non poco conto, sull’universo tutto attorno. Ebbene, un recente studio, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences attribuisce la più importante estinzione di massa, che si verificò all’inizio dell’ultima fase del periodo conuosciuto come Devoniano – più o meno 372,2 milioni di anni fa – proprio ad un fenomeno di tal fatta.
Fu, quello in argomento, uno dei cinque eventi più eclatanti del genere, addirittura più incisivo dell’estinzione che 65,6 milioni di anni fa spazzò via i dinosauri. Vennero interessati, nel frangente in questione, gli organismi marini (brachiopodi, trilobiti, ammoniti, conodonti, acritarchi, pesci senza mascella e placodermi), nel complesso il 75% delle specie viventi, in quel momento, sulla Terra.
LA VOCE DEI REPERTI
Ebbene, nei campioni di roccia, datati al confine fra il Devoniano e il successivo periodo Carbonifero, si trovano centinaia di migliaia di generazioni di spore vegetali che, dall’analisi degli isotopi radioattivi, dimostrerebbero di aver subito l’impatto dei raggi solari, in particolare della luce ultravioletta. Le ragioni potrebbero, a loro volta, collegarsi al deterioramento dello strato atmosferico di ozono di lunga durata, provocato – appunto – dall’esplosione di una stella, a circa 65 milioni di anni luce dal Pianeta.
“Catastrofi terrestri come il vulcanismo e il riscaldamento globale possono distruggere lo strato di ozono – spiega Brian Fields, docente di fisica e astronomia all’università dell’Illinois – ma, in quell’intervallo, ce ne mancano evidenze“. Più plausibile, invece, la soluzione fin qui illustrata. “Per metterla in prospettiva, basti pensare che una delle più vicine minacce ci arriva, oggi, dalla stella Betelgeuse, che si trova, però, a 600 milioni di anni luce“, chiarisce Adrienne Ertel, coautrice e laureata inserita nel gruppo di ricerca di Fields.
BETELGEUSE E LE ALTRE
Betelgeuse è, in effetti, una supergigante rossa in fase evolutiva avanzata, enorme (è la seconda più luminosa della costellazione di Orione), e terminerà la propria esistenza presto, rilasciando, come tutte le supernove, elevatissime quantità di materiale (raggi ultravioletti, raggi X e radiazioni gamma in primo luogo, poi raggi cosmici). Ecco, qualcosa di simile potrebbe essere capitato tempo addietro, finendo per incidere sull’era del pesci.
Le evidenze fossili – l’indagine parla da sé – suggeriscono un crollo di biodiversità per i 300mila anni successivi, dopo l’accaduto. “Le stelle massicce spesso si raggruppano in cluster con altre dello stesso genere e altre supernove possono manifestarsi, dopo la prima esplosione“. In sintesi, saremmo, in termini di Pianeta, stati oggetto di una sorta di bombardamento cosmico a catena, che ci avrebbe defraudati di una delle essenziali protezioni; tale, cioè, da consentire forme di vita.
Stando ai ricercatori, un modo per testare la veridicità dell’ipotesi è valutare la presenza degli isotopi radioattivi plutonio-244 e samario-146 nelle rocce e nei fossili, a partire dalla fine del periodo Devoniano. Elementi oggi assenti sulla Terra e la cui eventuale presenza nelle rocce – tutta da verificare – potrebbe rappresentare la ‘firma’ di quanto successo.
UNA SCOPERTA NON ‘IN SOLITARIO’
Non è, del resto, questa, la sola teoria espressa al riguardo. Il legame tra supernove ed estinzioni di massa ha visto, di recente, protagonista anche quanto avvenuto alla fine del Pliocene, in una fase di passaggio verso il Pleistocene, circa 2,6 milioni di anni fa. Scoperta, questa, attribuibile all’Università di Zurigo e sostenuta dal museo Naturkunde di Berlino. “Il messaggio più ampio del nostro studio è che la vita sulla Terra non esiste, in isolamento“, conclude Fields. “Siamo abitanti di un cosmo più ampio, che interviene nelle nostre vite, a volte impercettibilmente, altre ferocemente“.
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