Godfather: il drink preferito da Marlon Brando
Due ingredienti: base di scotch whisky e liquore amaretto, per un cocktail che respira le atmosfere italo-americane di una tra le pellicole cult per eccellenza. Godfather, questo il nome, e quale altro potrebbe essere, se non il medesimo con cui il celebre Marlon Brando si è saputo rendere icona di una trilogia indimenticabile?
Un gessato fine, un Borsalino, un locale avvolto tra nuvole di fumo… e il gioco è fatto. Per rapire l’accento alla macchina da presa e trasferirlo in un drink basta, alle volte, davvero poco, specie se, tra le dita, si stringe un classico del buon bere.
In realtà, come spesso accade, anche stavolta si vocifera di genealogia niente affatto certa. L’ipotesi più accreditata pretende risalga agli anni ’70, incatenandolo a doppia mandata al girato, firmato Francis Ford Coppola. Ma esiste almeno una seconda teoria, che ne arretrerebbe la cronologia alla metà degli agli anni ’40, assegnandone la paternità alle febbrili mani di Donato “Duke” Antone. Il barista, con il fiuto spiccato per gli affari, avrebbe, nella Los Angeles dell’epoca, messo a punto la ricetta, per solleticare i palati e il campanilismo dei gangster, ospiti del proprio locale. Sorta di personalità del momento, pare che tra i clienti ricorrenti spiccassero anche vere e proprie ’eminenze’, da Al Capone a Jackie D’Amico.
Una trilogia – badate bene – anche per quanto riguarda la bevanda, che si completa con Godmother e French Connection), capofila, peraltro, del cosiddetto gangster style.
Un incontro di liquidi in cui, grazie a una combinazione, semplice ma equilibrata, i toni più tenui dell’amaretto vengono, di volta in volta, per comprendersi nelle note decise dei diversi distillati (whisky di ogni tipo, cognac o anche brandy). Il sapore che se ne ricava, ha la stessa intensità degli anni marchiati dal proibizionismo. Un beverage di classe Duo, arricchito, talvolta, da un terzo elemento, inatteso e cremoso, a donare morbidezza all’ensemble: crema di cacao, Irish cream, etc.
Complesso, dal gusto suadente, è perfetto da sorseggiare dopo cena, lentamente. E per chi, differentemente dai cultori, non ama le peregrinazioni dolciastre del liquore, si può pensare di rileggerne l’aroma con l’aggiunta di mandorla. Una rivisitazione, tutt’altro che scontata, di una combine che, dal 1986, emerge tra le ‘uffciali’ IBA (l’International Bartenders Association).
GODFATHER
- 3,5 cl di scotch whisky
- 3,5 cl di amaretto
Per ottenere il distillato, versate direttamente in un tumbler basso, colmo di ghiaccio, lo scotch whisky e il liquore amaretto. Mescolate con un cucchiaio da barman e servite, senza decorazioni.
Per un drink così essenziale non mancano – come accennato – le varianti. In sostanza, occorre alterare le proporzioni dei due ingredienti, a vantaggio del whisky, ma se volete rimanere ligi alla tradizione, pur ‘rinforzando’ il tutto, basta agire in percentuale. L’originale modello IBA consigliava, per l’appunto, 3/10 di amaretto e 7/10 di whisky.
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