Le notti ‘roventi’ dell’Italia in ginocchio

Le notti ‘roventi’ dell’Italia in ginocchio

Prima Napoli. In centinaia hanno risposto all’appello social. Così, in assetto da guerriglia urbana, hanno manifestato contro il presidente di Regione, Vincenzo De Luca. Motivati dallo slogan “Tu ci chiudi, tu ci paghi” si sono fatti avanti, irruenti, lungo le strade della capitale partenopea. Inferociti, si aggiravano in quella che, in breve, si è trasformata in una giungla d’asfalto: petardi, cariche della polizia, colonne di auto sul lungomare Caracciolo, fumogeni… e l’aria, ormai satura, ha finito per rendersi irrespirabile.

Napoli

L’istantanea che ne scaturisce porta con sé le cicatrici di una guerra: auto della polizia prese a sprangate, lancio di sassi sui blindati, insulti ad agenti e carabinieri che, a loro volta, rispondevano lanciando lacrimogeni e facendo scudo alla sede della Regione.

Una condizione inaccettabile, che non si limita certo alle proteste generate dall’attuazione del ‘coprifuoco‘. C’è assi di più, dietro, oltre alla disperazione per la crisi. Gruppi organizzati e la lunga mano della criminalità, che altro non aspettava che alimentare il disagio sociale, per poi affondarci dentro.

Questa sera abbiamo assistito a veri e propri comportamenti criminali verso le Forze dell’ordine. Nessuna condizione di disagio, per quanto umanamente comprensibile, può in alcun modo giustificare la violenza“, commentava, poche ore dopo, il questore.

Un’istantanea, a cui ha fatto seguito una seconda, bombe carta alla mano e un’altra ancora, al grido di “libertà libertà“, per fortuna meno cruenta, in quel di Salerno. Ora, nuovamente, Roma.

Roma

Ore 23.59. Ecco il segnale. Il cielo, su Piazza del Popolo, brilla della luce dei fuochi tricolore. E intanto i militanti di Forza Nuova, gli ultras neofascisti, viso coperto dai passamontagna, chiamano la carica. La miccia era già accesa. Bastava un cenno perché partisse il lancio di oggetti e petardi contro la polizia, che già si trovava a reagire con un primo assalto.

A raccolta, la Roma violenta e negazionista di Roberto Fiore e Giuliano Castellino. Gli attivisti erano lì a condurre il proprio esercito randagio, a dimostrare contro la “dittatura sanitaria“, a fomentare chi non sa come sfogare una rabbia motivata e sin troppo a lungo repressa. Provocatori, strafottenti, hanno condotto lungo le vie della città Capitolina la forza devastatrice di cui si fanno testimonial. Un’ennesima notte ‘brava’, che si è conclusa con una serie di fermi.

Il punto, tuttavia, non è questo. La fotografia reale risiede nel malcontento, potenziato dalla paura e dall’impotenza. Sciabole, queste che, guidate dall’istinto, possono scaturire in gesti incontrollabili.

Nel frattempo, gelido, inossidabile, il bollettino riporta di 19.644 nuovi casi di positività al Covid. 177.669 i tamponi; 151 i morti. Giuseppe Conte sta apprestando, in queste ore, un semi-lockdown, Lui che non voleva proprio sentirne parlare, incentivato anche dai pareri di medici, sindaci, esperti del settore e perfino buona parte della popolazione, quella spaventata dall’escalation dei contagi.

Nulla di certo, al momento ma, stando alla sensazione prevalente, usciremo di casa solo per rispondere ad esigenze ‘essenziali’. Niente sport al chiuso, niente locali, niente gite fuori porta, né divertimenti o consumi culturali, che prevedano lo stare insieme. Uffici, in compenso, scuole e fabbriche aperti, al netto dello smart working, sempre più incoraggiato se non, addirittura, obbligatorio. Per il vaccino, si continua a lavorare alacremente. Resta, tuttavia, il tema economico.

Il ministro Roberto Gualtieri, è già al lavoro, nella ricerca di ulteriori soluzioni, ma la sensazione è che il tempo stia per scadere.

Ce lo conferma, come uno schiaffo in faccia, la desolante fotografia di cui sopra. C’è chi, da marzo, attende ancora la cassa integrazione e gli animi non fanno che riscaldarsi. Troppo, perché non si intervenga il prima possibile. Troppo, per non accorgersi che quel che traballava sta tracimando e che finirà per rovinarcisi addosso se, in tutta fretta, non spariglieremo le carte.

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