Arrivederci Sean: anche l’ultimo degli immortali va via…
Semplice, e forse ovvio, pensare che, in fondo, aveva superato i 90. Se ne è andato nel sonno, Sean Connery, che quella sua aria da ‘Signore’ non l’ha voluta perdere neppure alla fine. Un gentiluomo, meritorio, nella personale e interminabile carriera, di un premio Oscar e tre Golden Globe. Il volto per antonomasia dell’agente segreto – opera di Ian Fleming – più famoso della storia aveva abbandonato le scene nel 2003, ma non basta per non sentire un tuffo al cuore, nel rendersi conto che non c’è più.
17 ANNI SENZA
La Stella si era già eclissata diversi anni fa, per via, pare, di una malattia neurodegenerativa. E sottolineiamo il pare, giacché il riserbo e la tutela della privacy sono tra le caratteristiche che riconoscono di più il personaggio.
Eppure è strabiliante accorgersi come, sia pur assente, riuscisse a rendersi perennemente puntuale. Una figura ‘rassicurante’ che, di tanto in tanto, faceva capolino dallo Schermo, per ricordarci – senza indugiare troppo – che su di Lui si poteva contare, comunque; che ci avrebbe salvati, in qualche modo, e protetti. Nei panni di 007, come in quelli del papà di Indiana Jones; mentre ci salutava, interpretando il suo ultimo ruolo ne La leggenda degli uomini straordinarinari, oppure fin tanto che indagava, meticoloso e umanamente coinvolto, sull’omicidio di una ragazzina barbaramente stuprata, interpretando la parte di un professore dell’università di Harvard ne La giusta causa. Ci prendeva per mano e ci rasserenava, sorta di novello Virgilio che, ‘nel mezzo del cammin di nostra vita…‘ riusciva, invariabilmente, a catturare la fiducia degli spettatori. E noi lì, quasi ipnotizzati da quel fascino ironico e garbato, convinti, a pieno titolo, che avrebbe saputo meritarsela.
DA LADRO A SOVRANO, NELL’ARCO DI UN CIAK
Così, niente inciampi, per un uomo che aveva saputo essere Robin Hood accanto ad un’indimenticabile Marian – alias Audrey Hepburn – per poi, una volta svestito, ripiegare su quelli, ben più scomodi da indossare, di un Artù, tradito dalla sua giovane e avvenente consorte.
Lui, che la storia l’aveva attraversata a suon di indagini: era il colonnello Caldwell ne Il presidio, l’ex capitano di polizia John Connor in Sol Levate, e che dire della magistrale interpretazione, datata 1986, quando, sulla falsariga del capolavoro prodotto dalla penna di Umberto Eco, seppe rendere accessibile persino ai più lontani dal genere le inquietanti vicende di Guglielmo da Baskerville e del suo ingenuo adepto, Adso da Melk?
L’UOMO CHE VOOLE FARSI… DA SOLO
L’uomo di Glasgow – classe 1930 – ci ha abituati, anzi, ci ha viziati, con il fare di chi, figlio di una donna delle pulizie e di un camionista, conosce bene il peso di umili origini. E si dà da fare, immediatamente. Si inventa bagnino, lattaio, verniciatore di bare, persino aspirante membro della marina britannica. Infiniti volti, nella vita reale prima ancora che in quella, assai più sognante, del Cinema, che volle adottarlo, nel 1962, nonostante l’iniziale scetticismo dello stesso Fleming – che lo riteneva eccessivamente raffinato e prestante – nell’interpretazione che finì per consacrarlo, via via, come un vero e proprio mito.
Quello che tuttavia, per chiunque altro, avrebbe potuto rappresentare, dato l’ingombro, una sorta di trappola dalle sbarre dorate, venne presto scalzato da un talento che smaniava di rivelarsi. E che differenza c’è nel disegnarsi generale ribelle, come in The Rock, o giocare a fingersi ‘cattivo’ (vd. The Avengers). Indagare sulla propria anima e scoprirsi ‘diverso’ da come ci si immaginava o risultare tra i sospettati di un turpe omicidio, a bordo del treno più lussuoso e maledetto di tutti i tempi? O – perché no – rincorrere l’avventura, compiendo gesta proverbiali?
Le pellicole sono talmente numerose che citarle tutte sarebbe impossibile: da Caccia a ottobre rosso a La casa Russia, da Entrapment a Scoprendo Forrest… Narrazioni differenti, distanti i protagonisti, variegati gli argomenti, per un attore che, camaleontico, ha saputo lasciar traccia di sé in tutto quel che ha toccato.
Ce lo ha sussurrato, alle volte. In atre occasioni ce lo ha gridato. Chi può dimenticarlo mentre ‘diventa’ Jimmy Malone, nella prova che gli valse il riconoscimento come miglior attore non protagonista in The Untouchables?
L’ULTIMO DEGLI HIGHLANDER
Per il popolo dei sognatori è e rimane L’uomo che volle farsi re. Lui sì, poteva permetterselo. E c’è chi si consola, immaginandolo come l’ultimo degli immortali.
Poi, esiste quella fascia di pubblico che mai e poi mai dimenticherà ciò che ha saputo regalare in una tra le perle più controverse del noir Hitchcockiano. Mark Rutland rappresenta, forse, l’emblema dell’uomo che ogni donna vorrebbe avere accanto: arguto, intelligente, perspicace, sensibile… un compendio di qualità che, poggiate sul ‘nostro’ non sembrano aggettivate. Vale a dire che parte di esse, o tutte, paiono figlie dirette di una persona tinteggiata effettivamente in questo modo.
Ce lo dicono gli occhi – i suoi, sinceri e onesti, circondati da quelle sopracciglia fin troppo folte ma così rassicuranti – ce lo racconta l’esperienza; ce lo suggerisce il cuore. Perciò ciao Sean. Ci mancherai, di questo ne siamo certi. Ma siamo altrettanto consapevoli che sarai sicuramente alle prese con altri copioni… divertiti, tu che puoi. Perché l’esistenza, da quaggiù, appare parecchio complicata.
LEGGI ANCHE: Il mio nome è Bond… James (Albert) Bond
LEGGI LE ALTRE NEWS CHE RIGUARDANO LE CELEBRITA’
Commento all'articolo