Body Positivity: quella strategia che fa rima con volersi bene
Tutto quel che c’è da sapere, in pratica, lo sappiamo già. Basta posizionarci davanti ad uno specchio e fare esercizio di ‘occhi’. Oggettive, osservare l’immagine che ci si riflette dinanzi, diversamente da come siamo solite. Salomoniche, senza scartabellare, perfino inventare, difetti che in realtà non ci appartengono.
Mobilitiamoci, piuttosto, nella curiosità di conoscerci. Insomma, il consiglio numero uno per praticare l’atteggiamento che prende la nomenclatura di body positivity consiste nel regalarsi un pensiero ‘obiettivo’, in cui non risiedano i concetti di ‘giusto o sbagliato’, ma si debba fare i conti con elementi di fatto. Riflettendo sull’idea che, se quelle che possediamo sono le carte che la partita ci ha riservato, conviene giocarcele al meglio.
Dunque, volendo semplificare, esistono diverse corporature a cui fare riferimento e nelle quali ognuna di noi rientra. Body shape a pera, quando la zona alta del corpo risulta più sottile rispetto alla sottostante. A triangolo, se le spalle svettano protagoniste. A rettangolo, forma tipica delle longilinee. I volumi risultano più pronunciati nella zona del girovita? Allora si ha a che fare con un modello femminile definito a diamante. Se, invece, quest’ultimo è stretto, si parla di clessidra; mentre, ad otto, sono classificate le ‘gazzelle’ dalle gambe lunghe.
Fin qui, tutto ok. Ma a cosa serve? E’ utile, il quanto l‘adeguato grado di consapevolezza ci prende per mano, fin tanto che siamo alla ricerca degli individuali capi di riferimento. Non tutti possiamo indossare tutto, va da sé. Ma la scelta deriva non dal rinunciare a se stesse, bensì esattamente dal contrario. Vale a dire che, tra numerose opzioni, è nostro diritto avvicinarci a ciò che più ci assomiglia. Se l’uomo è la misura di tutte le cose, perché non pure noi donne?
Una volta esordito, quel che forse costa di più – fragili come siamo nel toccare certe corde – è tempo di intraprendere il cammino, che prevede accettazione e confidenza con la propria persona. Partire da come siamo, per stabilire cosa intendiamo diventare. E, poiché ogni essere umano è un unicum, il passo successivo consiste nel valorizzare i personali talenti.
Riassumendo, non è il corpo che deve adeguarsi all’abito, magari rincorrendo un ideale astratto, ma esattamente l’inverso. E a poco, spesso a nulla, serve nascondere. Occultare, sperando, così, di sfuggire al giudizio altrui. Nessuno ci potrà mai analizzare con la stessa severità che siamo avvezze riservarci da sole.
Un pensiero, che ci spinge a cadere negli errori più evidenti. Rigiriamo la frittata, invece. Partiamo da ciò che più amiamo; coltiviamone il germoglio, fino a farlo fiorire.
Più nel dettaglio, nel valutare cosa indossare, mai mortificare gli strumenti di cui ci ha fornite Madre Natura, ma attendere, piuttosto, ad una visione d’insieme, in cui i numeri espressi poc’anzi siano propedeutici a stabilire il baricentro di una nuova configurazione.
Nel gioco delle proporzioni – vi accorgerete – è lecito sbagliare, ma si tratta di errori contingenti. L’esperienza è una gran maestra…
Regoliamoci, pertanto, al momento degli acquisti, non solo attraverso le linee – più o meno squadrate – ma anche grazie ai tessuti, scivolati o non; i colori, sgargianti oppure opachi, tinta unita o fantasia…; consideriamo le lunghezze, dove sono posizionati i tagli, le cuciture e, soprattutto, non tralasciamo i dettagli. Una manica a tre quarti – ad esempio – allunga la sagoma. Così, le spalline aiutano la caduta del vestito. Capispalla a doppio petto valorizzano un tipo di femminilità più androgina; mentre, laddove le curve si mostrano burrose, consideriamo indumenti che prevedano cinture.
Siete forti di fianchi? Un taglio sciancrato – magari aiutato da uno spacchetto posteriore – o, ancora, una martingala, faranno al caso vostro.
Tra i ‘mai più senza’ – i pezzi cult di stagione – non escludiamo, se filiformi, le gonne a matita, in gran rispolvero. Cuissardes, se dotate del famoso ‘stacco di coscia’. Pantaloni a palazzo, qualora i fianchi siano morbidi e, ancora, mantelle o cappe, se intendiamo mimetizzare, ma con classe. E, dall’abito alle scarpe, il passo è breve.
Nella vastità della scelta, partite dalla considerazione che le decolleté sono un passepartout. Se ‘nude’, impareggiabili. Cipria o beige, a seconda del relativo sottotono della pelle, compensano gli equilibri ed indossate senza calze non vantano rivali. In quanto, poi, ai tacchi, regolatevi in base alle caviglie. Sono sottili? Orientatevi su silhouette più fini. Diversamente, ripiegate sui robusti, qualora il polpaccio lo richieda.
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