Quel manto candido che, da solo, non basta a salvare gli esercenti

Quel manto candido che, da solo, non basta a salvare gli esercenti

Doveva essere l’alba di un nuovo inizio. Si è rivelata, o poco ci manca – e, in effetti, la questione non lascia ben sperare – l’avvio di uno sfacelo. Con la neve sui campi, che pare prendersi beffa di chi l’attendeva da tempo e mai come quest’anno si è resa presente, le Regioni si armano di tutto punto. Pretendono dal Governo i dovuti risarcimenti per una stagione che, con quasi certezza, può considerarsi perduta. Niente regole, ancora e, ben inteso, sembra l’ultima delle questioni, surclassata dai vaccini, dal rientro a scuola… Non ultimo, dalla possibile disfatta di un sistema politico avvelenato dalle beghe di Palazzo, che più che mai, adesso, risultano superflue; efficaci solo ad esacerbare gli animi di chi, invece, attende risposte certe, sicure, sul proprio futuro.

Si punta, da parte dei richiedenti, a Ristori, congrui ed immediati. Siamo a quota -3, prima che la delibera divenga ufficiale e c’è chi, giustamente, scalpita, vedendosi sfuggire di mano una serie di aspettative che, sole, avrebbero potuto allentare la tensione e rincuorare gli animi.

Chiediamo di non compromettere l’intera stagione, ma recuperare almeno un 20%”, sintetizza l’Assessore al Turismo, Federico Caner. Il Cts ha ufficializzato che proprio i Mondiali di Sci Alpino, in calendario dal 7 febbraio a Cortina D’Ampezzo, si terranno a porte chiuse. Nelle stesse ore, la località di Wengen, in Svizzera, ha dovuto gettare la spugna. Le gare di Coppa del Mondo, previste nel week end presso il celebre Lauberhorn – sono state spostate a Kitzbuhel, per via di un focolaio ai piedi dell’Eiger.

Alziamo le braccia. Ne più fruttuoso si è rivelato il metodo svizzero All in, quello secondo cui, presso una determinata località, si giunge solo per mezzo di un trenino. Rimane – ma con molta circospezione – sotto analisi, la provincia autonoma di Bolzano, che tenta la fuga in avanti. Pioniera di nuove ipotesi già in autunno, ci riprova ancora una volta e promette l’apertura degli impianti, da lunedì, salvo poi precisare: “Se la situazione peggiora, però, torniamo in zona rossa“.

Economia ad un passo dal tracollo, c’è poco da inventarsi. Del resto – forze di causa maggiore – i prezzi lievitano, anche per atleti e sci club. Limone Piemonte ha imposto il pagamento di salati giornalieri alle varie Società, per restare aperta.

Sestriere, dal canto suo, chiede si punti a salvare almeno carnevale e qualche week end verso Pasqua. I numeri, d’altronde, sono implacabili: perso il 50% degli introiti di Natale, o si apre a brevissimo – ma il nuovo Dpcm durerà, a quanto pare, non meno di 45 giorni – oppure meglio puntare ad un aiuto monetario. Organizzarsi last minute, stando così le cose, risulta una manovra autolesionista. Tra assunzione del personale, rodaggio di vendite on line e accessi ad orario progressivo è un accavallarsi di responsabilità e problemi, non ultimo il quesito se tutti gli sforzi valgano la pena, dal momento che non vi è certezza che, al dunque, il turismo riprenda.

I 4 mesi dell’inverno “Valgono il 90% del fatturato e da marzo scorso non abbiamo visto nessun sussidio“, fa notare Valeria Ghezzi, presidente Anef (Associazione Nazionale Esercenti Funiviari), che rappresenta la quasi totalità degli impiantisti. Di segno opposto, le voci di minoranza di Federfuni, estrema ratio di chi non vuole arrendersi. Gli operatori dell’Appenino sottolineano che “dopo 3 rinvii, continuiamo la battaglia per riaprire subito. Siamo pronti“.

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