Il ragazzo dislessico che di professione incantava il suo pubblico
La notorietà, almeno qui in Italia, l’ha raggiunta grazie ad X Factor. Nel ruolo di giudice lo abbiamo conosciuto – più o meno pungente, perspicace, stratega – nelle diverse edizioni. Del talento come interprete ne sappiamo abbastanza. Ma l’artista è tutto questo e molto, molto altro.
Michael Holbrook Penniman Jr. – questo il nome completo – è nato a Beirut, in Libano, il 18 agosto 1983. Ma l’esistenza lo vuole spostarsi presto in Francia, poi in Gran Bretagna. Poi, ancora… negli Stati Uniti. Un cosmopolita, insomma, capace di parlare fluidamente la propria lingua d’origine, ma anche l’inglese, il francese, lo spagnolo, l’arabo, il cinese e, naturalmente, l’italiano.
Eppure, questo prodigio di Mozartiana memoria – ha iniziato a comporre sin da piccolo, destreggiandosi tra più generi, dall’opera alla musica leggera – presenta, al pari dei più grandi talenti, un tallone d’Achille.
Scivola con somma difficoltà – anche se mai lo si potrebbe supporre – tra le parole. Non riesce, infatti, il ‘nostro’, sin da bambino, a leggere gli spartiti né, tanto meno, a destreggiarsi con le lancette dell’orologio.
“Quando andavo a scuola, leggere e scrivere mi era impossibile; ma non ero scemo, ero come un pesce su un albero“, confessa. E rammenta, soprattutto, di quel periodo, le difficoltà, enormi, per inserirsi in un ambiente in cui veniva considerato ‘diverso’. “A nove anni mi hanno buttato fuori da scuola e addio libri, lettere e persino fumetti“, continua.
“Dopo tempo, finalmente ho avuto una diagnosi, grazie a un test psicologico. Avevo una prova legale per il mio problema. Quando un compagno di scuola tentò di fare il bullo, gli sventolai sotto il naso il test e gli dissi che io ero stupido legalmente, mentre lui non aveva scuse per la sua stupidità“. Dislessia, dunque, che poco ha a che fare con la genialità e neppure, a ben guardare, con l’ironia.
“Sono riuscito a sviluppare una versione diversa di intelligenza e a trovare la chiave, per avere una vita normale“, ci riflette su, Mika, nonostante le tuttora presenti difficoltà, nello svolgimento del quotidiano. “Non riesco a leggere l’ora sull’orologio. Per scrivere uso la tastiera del computer, perché per me usare la penna è impossibile“.
Umani limiti, dettati da una forma di ‘cecità della parola‘ – così viene definita nel gergo più stretto – che si manifesta in modalità differenti ma che – non per questo – deve stabilire un confine negli obiettivi che nella vita ci si pone.
Lo showman ne è l’esempio, concreto. Insignito come Chevalier dans l’Ordre des arts et des lettres (onorificenza della Repubblica Francese), ha sempre dimostrato, in maniera manifesta, il proprio coraggio (come quando, nel 2012, ha fatto coming out rispetto alle proprie preferenze sessuali). Ma non è solo questo. Il menestrello dandy si è distinto attraverso il suo stile, differente persino da quel che gli veniva richiesto dalle Case Discografiche, per la classe che lo contraddistingue; per i gusti, sofisticati ed eccentrici, financo nell’indossare gli abiti, preziosi, firmati Dior e Valentino; per la voce, paragonabile, per estensione ed espressività artistica – cosa rara – a quella di Freddie Mercury e George Michael. Si è fatto conoscere sotto diverse sfaccettature, si è integrato, portandosi sempre appresso la grazia che lo contraddistingue.
Ecco, in qualsiasi modo lo si voglia intendere, questo è un uomo. E’ in gamba. E’ bello. E’ ricco, dentro e colmo di doni da distribuire a chi vuole credere in Lui. Ed è dislessico, anche. Ultima carezza – tipica di chi, da un possibile difetto, ha saputo ricavarne un punto di forza – che ce lo rende, semmai ce ne fosse bisogno, solamente più vicino.
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