Fammi essere donna o, almeno, fammi essere
Quale gesto, più liberatorio del cantare. Ebbene, per l’ennesima volta assistiamo ad un diritto negato.
Il Dipartimento per l’Istruzione di Kabul (che, dunque, ha giurisdizione solo sulla Capitale afgana) ha vietato alle ragazze di 12 anni e più di esibirsi in pubblico, in occasione delle feste scolastiche. Ha, inoltre, privato le alunne più adulte della possibilità di prendere lezioni da insegnanti di musica, maschi.
Posizioni Talebane, che tanto rievocano le impuntature di 20 anni fa, quando la volontà di Regime imperversava, privando chiunque del diritto di parola. Allora, per donne e bambine era stata ritenuta impensabile qualsiasi forma di istruzione.
Sebbene il Governo abbia chiarito che l’emendamento non riflette il pensiero della Direzione centrale, il timore che, in vista di una possibile riappacificazione con i Talebani, questi ultimi possano riprendere quota, induce molti sulla posizione di all’erta. L’idea che possa ripalesarsi ogni qualsivoglia forma di oscurantismo fa tremare. E a ben donde.
“Questa è la talibanizzazione dall’interno della Repubblica“, ha affermato Sima Samar, attivista afgano per i diritti umani da quasi 40 anni. Protagonisti letterari e associazioni hanno identificato il gesto come un insipiente “passo indietro“. Shafiqa Khpalwak, tra le penne più prolifiche e talentuose del Paese: “Perdonaci Dio. Gli esseri umani possono essere così crudeli, da vedere anche un bambino da una prospettiva basata sul genere“, ha twittato, a sua volta.
Questo è qualcosa che, non solo non dovrebbe, ma non deve succedere. Fatti, che non hanno a ripetersi. Aggiungiamo noi. Che imbavagliare l’anima, tanto, non è possibile.
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