Confessioni di una… Madame
Chiamiamola Francesca, come da anagrafe, e nessuno saprà di chi si tratta, che a Lei, in fondo, non sembra neppure dispiacere così tanto. Una 19enne qualunque, nata a Creazzo, nella provincia Vicentina e che di cognome fa Calearo. Eppure, Madame non è solo “la rivelazione del Festival di Sanremo“. Rappresenta, a tutti gli effetti, la voce della Generazione Z, l’alter ego in formula ‘nostrana‘ della più o meno coetanea esponente d’Oltreoceano, Billie Eilish. Figlia di una rivoluzione che silenziosa non lo è, giacché si combatte a suon di note, ma che si disegna come un mare calmo. Non ha impennate, almeno non apparenti e, forse, proprio dato l’assunto, risulta credibile.
“Innamorarsi dell’impossibile è una droga. O almeno era. Purtroppo, adesso mi innamoro due giorni, una settimana, fine. Penso: ti ho già raggiunto. Il problema di adesso è che raggiungo tutto troppo facilmente“, confessa, in relazione alla propria bisessualità. E aggiunge: “L’amore corrisposto non esiste. Mai avuto problemi maschio-femmine. Semplicemente, le donne etero sono più difficili da raggiungere e quello era il mio scopo“. Quasi a prefigurare, più che una vera e propria predilezione, il superamento di una sfida.
Del resto, così funziona quando si cresce. Ci si mette in discussione, principalmente con se stessi. Si ha necessità di misurarsi. Di Mettersi alla prova e superarsi, per stabilire confini, con il Mondo, che si rivelino, al fine, reali.
La prima cotta? Per l’allenatore di pallavolo, ricorda. “Io 14 anni, lui 30. M’innamoro, comincio a lavarmi, una volta ogni due giorni invece che una al mese. Mi trucco per andare a pallavolo. Gli scrivevo su WhatsApp. Era l’unico che mi fosse rimasto. La mia persona di riferimento per capire il mondo“. Lui la rassicura, le dice che ne avrebbero riparlato più in là, una volta raggiunta, per la ragazza, la maggiore età. Ma Francesca, a 18 anni, è “già altro“. Nel processo di mutazione si invaghisce, stavolta, “della professoressa di matematica“. Una donna “ancora più grande, molto più grande. Per depistarti ti dico tra i 45 e i 65 anni“.
Soggetti, che presuppongono riferimenti sempre più adulti, come a complicare – volutamente o meno non è dato sapere – la faccenda. Si alza l’asticella ma le infatuazioni, tuttavia, costituiscono una spinta a migliorare: “Inizio a scrivere testi miei, proprio per far vedere a lei che valevo qualcosa; che sarei arrivata in radio“. Non sempre corrisposti, vero. In quest’ultima circostanza la ‘nostra’, dopo essersi dichiarata, con tanto di regalo – il cd di Einaudi – e lettera, rischia il tutto per tutto. Viene bocciata, mentre la prof spedita in pensione. Similmente – per chi non la conosca – alla trama di Diario di uno scandalo, pellicola del 2006 diretta da Richard Eyre, protagoniste due colonne di Hollywood: Cate Blanchett e Judi Dench. “Dovevo dimenticarla e per fortuna che avevo iniziato una vita nuova: amici, rapporti reali. Sesso regolare“.
Poi, immancabili per un copione che si rispetti, gli episodi di bullismo. A 14 anni “mi prendevano in giro. Per i denti, e per il fatto che non mi lavavo, ma a quell’età hai altro a cui pensare. Lavarsi è arrivato in seguito“. E, ancora, incalza: “una volta sono svenuta, e loro, i miei compagni, mi hanno calpestata. Mi calpestavano per capire se fingessi“. Dolore che, a detta della stessa, si è rivelato, nel tempo, catartico. Mi ha resa – ammette – “debolissima e libera“.
“Certe mattine mi sveglio più maschio, altre più femmina“, rincara la dose. “Riesco a pensare come un maschio. Per esempio, Clito l’ho scritta da maschio“. Ed è ben cosciente di non voler appartenere ad alcun genere. Non si sente incastonabile in alcuna etichetta. “Sono totalmente fluida. Mi alzo la mattina e mi vesto più da uomo o più da donna ed è una cosa bella, perché soddisfa i miei bisogni“. E’ questo, in sintesi, il suo manifesto. “Spero proprio di essere la portavoce della mia generazione“, conclude e, nella riflessione, si scosta di poco dalla realtà.
“Io mi studio in modo ossessivo, perché sono dell’idea che ci siano leggi comuni che ci accomunano tutti. L’autoconsapevolezza, la capacità di guardare ai propri errori e al proprio passato, perdonandosi. L’accettarsi per quello che si è, l’accettare la sofferenza e la morte. È una generazione molto inconsapevole, la mia“. E’ fluida ed impreparata alla vita. Ciò non di meno, proprio alla guisa di una tela bianca, si presta ad una scrittura multipla; anche scomposta, volendo, ma, proprio come il primo album in uscita, enormemente indipendente e creativa.
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