Discolacci Pio e Amedeo? A noi sembrano solo coerenti
Capita, e lo si fa sempre più raramente, ce ne rendiamo conto, di parlare, avendo bene in testa quel che si vuol significare. Capita, caso altrettanto insolito, di mettere passione ed impegno nel proprio lavoro, qualunque esso sia. Di seguirne, coerentemente, la condotta che esso richiede. Può, tuttavia, accadere, a qualsiasi livello. Persino quando, di mestiere, si fa il comino, o i comici.
Persino quando si è Padroni di Canale 5, acclamati dal pubblico, perché ben consapevoli che, chi opera al di là dello schermo, deve esser disposto – di più, pronto – a regalarci pillole di leggerezza, in un momento in cui – realmente – ne abbiamo bisogno. Si prenderà cura di noi, insomma, per qualche ora, sollevandoci da pensieri, incombenze… facendoci ridere. Niente di più sano.
Ebbene, non deve essere proprio così, perché ci ritroviamo, da qualche giorno, in preda a due querelle, che partono ambedue da presupposti di ‘evasione’. Del Concertone del 1 maggio e di tutto ciò che ne è derivato eviteremmo volentieri di parlarne, che già lo fanno in troppi.
Vorremmo, invece, concentraci – tanto, gira che ti rigira, l’argomento non cambia – sulla polemica suscitata dal ‘controverso’ monologo di Pio e Amedeo, espresso nella prima serata Mediaset, nel corso del loro spettacolo Felicissima sera. Alla faccia del politically correct, i due artisti – secondo molti – non si sono fatti mancare pensieri – e frasi – omofobi e razzisti.
Eppure è buffo. Il monologo si intitola: L’ironia salverà il mondo e già questo, da solo, dovrebbe prevaricare ogni dubbio. Sta a significare, per chi intenda leggerlo: ‘Stiamo dalla vostra parte, chiunque voi siate. Ma se, per caso, vi trovaste in difficoltà, ricordatevi che contro le vessazioni, anche le peggiori, esiste un’arma incontrovertibile’. L’analisi della realtà, vista sotto una prospettiva ‘altra’, è qualcosa che la controparte non si aspetta. Spariglia le carte, sorprende e destabilizza l’avversario, anche il più acerrimo. Che poi, a ben guardare, siamo tutti ‘diversi’. Siamo tutti l’altro, in qualsiasi delle due posizioni ci si voglia mettere.
Dunque, ci dicono, in riferimento al termine, tanto sgradito: NEGRO, che “Non basta togliere la G al centro, per lavare le coscienze dei cretini“. E, ancora, proseguono: “Se tu dici: ‘I neri devono stare a casa loro’, è peggio di: ‘Oh, negro! Ti vengo a prendere e andiamo a mangiare una cosa insieme“. Si dovrebbe poter scherzare su tutto, aggiungono. Il problema è far capire l’INTENZIONE. E ribadiscono qualcosa di enormemente ovvio: “Io voglio che negro faccia la fine di terrone“, afferma Amedeo. “Negli ultimi anni ha acquisito quasi un’accezione positiva“. L’ignorante si ciba del risentimento…
Il discorso prosegue, in riferimento agli ebrei e alla loro rinomata tirchieria e poi approda nel mondo omosessuale, facendo notare come, per significare gay, non si possa dire RICCHIONE. “Ci stanno educando che la lingua è più importante della mente. Questo è sbagliato“. “Ognuno, in camera da letto, fa quello che vuole”. Riguardo al gay pride? Siamo tutti uguali.
In chiusura, la costatazione, velatamente amara, che: “Nel nostro lavoro funziona diversamente. Comfort zone… funziona così nel nostro mondo. Facciamo i ‘parac..i’, chiediamo scusa“. A sottolineare l’intelletto di chi sa cosa ha detto e ha ben chiare le conseguenze. Pronostica già ‘cosa potrebbe succedere’. Che poi, inderogabilmente, succede.
Dunque, giù strali di critiche: “Ci ho messo anni per raccontare il mio amore per un ragazzo. Le parole hanno un valore“, li apostrofa – ad esempio – Michele Bravi. Non notando che, così facendo, si pone esattamente sulla medesima linea dei ‘nostri’. Ben venga.
“Non chiediamo scusa. Di gay, neri ed ebrei che hanno capito, ce ne sono tanti…“, controbattono, ora, Pio e Amedeo. Il duo pugliese non retrocede ma, anzi, rilancia, con un lunghissimo post, su Instagram. E, piuttosto che dire la nostra, preferiamo restituire la parola ai diretti interessati, che non abbiamo alcun problema a perorare la loro causa, essendo, noi – senza tema di affermarlo – totalmente e disinteressatamente dalla loro parte.
Questo quanto, di seguito: “Siamo alla Folliaaaa. Qualcuno, forse, da questo post, si aspetta delle SCUSE e lo avvisiamo subito che rimarrà deluso. Pensiamo che moltissime persone che hanno attaccato il nostro monologo non l’abbiano nemmeno visto per intero e che tanti lo abbiano guardato, già prevenuti. Bene, ci rivolgiamo a loro, a voi. Non fate finta di non capire quello che abbiamo detto perché vi fa comodo trasformarlo nella solita querelle politica da quattro soldi. La politica non ci appartiene. La politica ci omaggia di spunti e personaggi, senza distinzioni di partiti, per fare quello che vogliamo fare, SATIRA. Come abbiamo sempre fatto. Mentre alcuni di voi erano impegnati a mettere l’arcobaleno nella foto profilo sui Social, i sottoscritti, qualche anno fa, sono andati in Russia, a respirare la puzza dell’omofobia. Ci siamo messi in prima linea, in uno Stato dove non badano troppo ai modi perché, insieme a Vladimir Luxuria, eravamo lì per far sentire la voce per il diritto di uguaglianza. E, di buona risposta, siamo stati spinti in una macchina, con violenza, da energumeni e siamo stati buttati fuori, fisicamente, a calci, da quel Paese, dove gruppi di imbecilli adescano ragazzi gay su internet per incontrarli, pestarli e fare un video, per postarlo con fierezza sui Social. Il tutto, senza gridare nessuna parola “politicamente scorretta”, incredibile! Le persone cattive, purtroppo, possono fare anche a meno dei vostri divieti linguistici. LE PAROLE HANNO LA LORO IMPORTANZA. Eccome se ce l’hanno. Ma non SONO NULLA, IN CONFRONTO ALL’INTENZIONE. È logica: “le parole non valgono quanto l’intenzione!” Questo abbiamo detto! NON CI PROVATE. Si può fare così schifo, anche usando solo termini politicamente corretti“.
E concludono: “Passiamo al nostro suggerimento di usare l’ironia. L’utilizzo dell’ironia, laddove si può, è chiaro, è solo quello di tentare di disinnescare l’offesa. NESSUNO HA DETTO CHE l’IRONIA DISINNESCA LA VIOLENZA. La risata è solo un palliativo all’ignoranza perché, se l’ignoranza è come il Covid, il sorriderci su e non dare troppa importanza ai vocaboli è il vaccino. E IL VACCINO NON È LA CURA… lo è l’EDUCAZIONE CIVICA, che prescinde dalla lingua… La più grande sciocchezza che abbiamo sentito volete sapere quale pensiamo sia? Che bisogna appartenere ad una comunità, per capirne le debolezze. Che bisogna aver sofferto, per capire. Ma noi stiamo parlando di affrontare un problema, che non riguarda la comunità, bensì chi LA DENIGRA, LA OFFENDE e LA OSTEGGIA. SONO I CRETINI IL PROBLEMA, non la comunità… Per risolvere il problema non bisogna essere della comunità, ma conoscerne gli aguzzini, gli ignoranti intorno. Esistono le PERSONE, non le categorie. LE PERSONE! “
Il post continua, ma il concetto non cambia. Educare le teste. Scardinare le opinioni uniche. In sintesi, questo, il messaggio. E a chi risponde : “Il vostro discorso non fa che giustificare l’odio. Più Fedez, meno Pio e Amedeo” chiediamo di rimettersi, per una mezz’ora al giorno, non di più – anche in DAD, che ci va bene lo stesso – libro di Italiano alla mano, sui banchi di scuola, per dare una bella ripassata alla grammatica e la sintassi.
Dal nostro punto di vista, personalissimo – e va bene così – siamo pienamente d’accordo sul fatto che le parole siano fondamentali. Tanto è vero – facciamo notare – che le adoperiamo tutti giorni, come strumento di lavoro. Costituiscono, a nostro avviso, un patrimonio da preservare, sempre e comunque e pesano. Il punto è che il valore è compreso sia nelle mani di chi le adopera, sia nell’orecchio di chi le riceve. Se saper usare i giusti termini, quelli più congrui o adeguati è un dovere per chi parla, nel rispetto dell’interlocutore; altrettanto, un ascolto attento, scevro da idee prevenute, non sommario, è necessario, nella qualità di chi ne viene investito.
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