Mosasauro: quel parente, alla larga, dei Dinosauri
Otto metri la lunghezza, a metà strada tra un serpente e un varano. Un rettile, datato oltre 66 milioni di anni fa che, adesso, fa la sua ricomparsa, in Marocco. Un Mosasauro gigante, conosciuto, tra gli studiosi, come Pluridens Serpentis, tredicesima, in ordine di tempo, rappresentazione della specie che, nel periodo del Cretaceo, terrorizzò le acque del Paese africano; testimonianza dell’alta biodiversità marina nella zona, in quel periodo. A spiegarlo, nel dettaglio, i ricercatori dell’Università di Bath, sulla rivista Cretaceous Research.
Oltre un centinaio di denti aguzzi, ad arredare la mandibola, prepotente. Arma, di cui si serviva, l’animale, per afferrare prede, più o meno grandi: pesci, calamari… Occhi piccoli, di contro, a testimoniare che la vista non doveva essere un granché. Sul muso, dozzine di aperture per i nervi, indizio di una evoluta capacità di percepire i movimenti nell’acqua e i cambi di pressione, tipica – in genere – dei serpenti marini.
“Generalmente, quando gli animali sviluppano occhi piccoli, è perché si affidano di più agli altri sensi“. Ad assicurarlo, Nick Longrich, coordinatore della ricerca. Ed è sempre lo studioso a far luce sulla predisposizione alla caccia, anche in condizioni di scarsa luminosità, durante la notte o a notevoli profondità. “Se non usavano gli occhi – specifica l’esperto – probabilmente usavano la lingua per cacciare, come un serpente. I Mosasauri somigliavano a balene e delfini, ma si comportavano come rettili“.
Il ritrovamento, certo, mantiene il suo sapore di eccezionalità, ma apre le porte a nuovi e più interessanti approfondimenti, sul tema. “La diversità di questi fossili è impressionante. Sembra che i Mosasauri avessero raggiunto il picco della loro biodiversità, proprio poco prima di estinguersi. Dal punto di vista evolutivo, questi animali stavano avendo successo“.
Di qui, l’esigenza di saperne di più. I coetanei dei Dinosauri erano esseri violenti, pronti a scagliarsi con veemenza sul proprio obiettivo. Ma se il primo resto fossile, noto alla scienza, fu un cranio frammentario, ritrovato in una cava di gesso in quel di St Pietersberg, nel 1764, da allora le testimonianze si sono rincorse, conducendoci fino ai nostri giorni. Gli interrogativi sono tanti ma le risposte, via via, sembrano sfamare la voglia di conoscenza. Dunque, si procede con analisi e comparazioni e si fa strada alla curiosità, filo portante tra quel che è accaduto ieri e ciò che ci attende domani.
E in mezzo noi, che ancora non abbiamo finito di elettrizzarci…
LEGGI ANCHE: Corriamo avanti, fino all’Era dei Dinosauri
LEGGI ANCHE: Il coccodrillo su due zampe: l’ultimo tassello del processo evolutivo
Commento all'articolo