Sapori d’Italia… il colpo di grazia arriva con il dolce
Ed eccoci giunti all’epilogo del viaggio culinario, intrapreso in giornata. Di conoscenza in conoscenza, di uso in uso, la battaglia si è fatta via via più accesa e, adesso, è tempo di tirare – si fa per dire, ovvio – le somme.
Dunque, ancora una volta, partiamo da un Classico della tavola Lombarda, sconosciuto, per certi versi, persino agli stessi Milanesi. Pare che il nome tragga origine dal Panettone, di cui rappresenta la variante farcita o, secondo l’accezione più nota, Panettone al Grand Marnier.
Un dolce lievitato, dalla forma allungata, realizzato con lo stesso impasto del Capostipite. Ricco di uvetta, niente canditi, gonfio di crema pasticciera e profumato. Andando ad indagare nei suoi più nascosti segreti, l’origine è semplice. Nasce, cioè, dall’idea di proporre, in un formato più pratico al taglio, il più celebre dei fine pasto Natalizi. Secondo il pensiero di alcuni, si tratta, invece, di un dolce di recupero. Fatto sta, proposta a mo’ di dessert ormai sempre più raramente, la Meneghina rimane, tuttavia, golosa e assolutamente da provare.
Torta Meneghina vs…
Se volete riscoprire questa specialità sappiate che, presso il rinomato Capoluogo, le versioni si sprecano, classiche e non.
La storica Pasticceria Ranieri, ad esempio, la propone con due tagli, una alla crema pasticciera e una al cioccolato, bagnati con rhum Giamaicano bianco, da 4/8 porzioni. La classica e soffice, decorata con una lieve spolverata di zucchero a velo e cacao, viene preparata a regola d’arte dalla Pasticceria Viscontea e dalla Pasticceria di Mac Mahon.
“L’impasto – confessa Andrea Rampinelli – è quello del panettone, che io preparo con particolare cura, a partire dal nostro antico lievito madre, ultracentenario. Senza canditi, solo uvetta, viene farcito su due strati, talvolta solo con crema pasticciera, talvolta con uno di crema e uno al cioccolato. Il dolce viene bagnato con un liquore, può essere all’arancio, oppure maraschino. Infine si spolvera con zucchero a velo e, a volte, cacao“.
E, tra gli indirizzi da non perdere, non può mancare la Pasticceria San Gregorio, famosa per i soffitti decorati da ghirlande di panettoni, appesi a raffreddare a testa in giù. E proprio il signor Angelo, testimonial del locale, apre le porte del suo storico laboratorio di Porta Venezia, per ribadire che “Noi le prepariamo su ordinazione, con la classica farcitura, ma anche personalizzate, con pistacchio e cioccolato bianco o secondo i gusti dei nostri clienti“.
Per una meneghina low cost? “Potete farla in casa, usando le fette di un buon panettone. Basta bagnarle con il liquore, farcirle con crema pasticciera mettendole l’una sopra all’altra e ricoprire il tutto con una crema al cioccolato. Infine, guarnire con riccioli o scaglie di cioccolato fondente“
INGREDIENTI:
- 1 panettone
- q.b. Grand Marnier
PER LA CREMA PASTICCERA:
- 600 ml di latte fresco intero
- 1 uovo
- 1 tuorlo d’uovo
- 50 gr di zucchero
- 25 gr di maizena
- 1 scorza di limone
- 1 bacca di vaniglia
PREPARAZIONE:
Mettere a scaldare una piastra sul fuoco, per portarla ad una giusta temperatura. Versarvi un po’ d’acqua, dopodiché pulire con un foglio di carta assorbente. Quando la piastra sarà ben calda, abbassare al minimo la fiamma e adagiarvi una fetta di panettone.
Tostare da entrambi i lati. Quindi, trasferire su un piatto per dolci e, ancora caldo, versare un bicchierino di cognac.
Per la farcitura: mettete a scaldare 600 gr di latte con una scorzetta di limone e un pezzetto di bacca di vaniglia o una bustina di vanillina. Intanto, in una ciotola, amalgamare le uova con lo zucchero (50 gr) e la maizena (25 gr). Di seguito, stemperate il composto con il latte caldo, versandolo a filo.
Dopodiché, rovesciare la crema nel pentolino, quello usato per riscaldare il latte e, a fuoco moderato, sempre mescolando, lasciar bollire per 5 o 6 minuti. Spegnere il fuoco e far raffreddare la crema. Tagliare il panettone a fette sottili, passarlo sulla piastra. Poi, spruzzare abbondantemente di Grand Marnier e guarnire con la crema pasticcera, fredda.
…Buccellato
Ultimo atto, prima di chiudere e l’estremo assaggio lo riserviamo, anche in questo caso, ad una pietanza tipica della sempiterna sapienza di Sicilia. Il Buccellato è anch’esso, alla guisa del precedente, un dolce riservato alle Feste Natalizie. Sbocconcellato – il nome deriva appunto dal latino buccellatum – soprattutto in quel di Palermo, dove è stato inserito tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali Italiani (P.A.T.), con tanto di ricetta, conservata presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (MIPAAF).
Un impasto di farina cotto al forno, a forma di ciambella, farcito nel suo interno e decorato all’esterno.
Il termine risale, volendo andare a fondo, al Panis Buccella, intendendo per tale il pane che, intagliato appositamente prima della cottura, si potesse portare agevolmente alla ‘bucca’. Successivamente, assunta la forma circolare o la tipica a corona, con un buco al centro come fosse una ciambella, prese il toponimo di Buccellatus o Buccellarius. Vale a dire, pane bucato.
Confezionato con acqua, semola o fiore di farina, di qualità differente in base a coloro ai quali era destinato, veniva ampiamente utilizzato da naviganti, Panis Nauticus, e dai legionari, Panis Castrensis, sia perché poteva essere conservato a lungo, sia perché facilmente trasportabile.
Divenne poi, nel corso delle festività romane, Panis Coronarius, abbellito da ulteriori decorazioni e poi, ancora, subì una serie di modifiche, con l’aggiunta di frutta fresca o secca, o anche miele o sale. Il tempo e la fantasia fecero, insomma, il resto.
Da notare, il Buccellato casereccio viene solitamente ricoperto di glassa. Quello di pasticceria prevede, invece, zucchero a velo o frutta candita. Cotto al forno, si conserva a lungo.
INGREDIENTI:
- 600 gr di farina 00
- 200 gr di zucchero
- 200 gr di strutto
- 2 uova
- 100 ml di latte
- un cucchiaio di miele
- 5 gr di ammoniaca per dolci
- 1/2 bustina di vanillina
- un pizzico di sale
PREPARAZIONE:
Per la pasta: impastare su di una spianatoia la farina, setacciata, con lo zucchero, il sale, lo strutto tagliato a pezzetti, le uova, il miele, l’ammoniaca e la vanillina, aggiungendo, appena l’impasto dovesse risultare troppo duro e/o secco, un goccio di latte, fino a ottenere un composto omogeneo e consistente. Formare una palla con la pasta, avvolgerla in una pellicola e lasciarla riposare in frigorifero, per almeno 60 minuti.
Per il ripieno: sbollentare i fichi secchi e l’uva passa, per 5 minuti. Quindi, privare i fichi secchi dei piccioli, frullarli e mescolarli agli altri ingredienti che interessano il ripieno.
Stendere, quindi, la pasta frolla, fino a raggiungere uno spessore di circa 5 mm e formare un rettangolo, di lunghezza doppia rispetto alla larghezza. Versare il ripieno lungo tutta la parte centrale della sfoglia e chiudere quest’ultima, formando un lungo rotolo.
Piegare il rotolo su se stesso, bagnare le due estremità e saldarle bene, in modo da formare una ciambella. Quindi, incidere la superficie del dolce, cosicché se ne intraveda il ripieno e cuocere in forno preriscaldato, a 200 °C, fino a doratura (30 minuti circa).
Una volta cotto, spennellare con un cucchiaio di conserva d’arancia o di albicocca, sciolta con un po’ d’acqua. Al fine, rimettere in forno per altri cinque minuti. Trascorso il tempo, guarnire con la frutta candita e lasciare intiepidire, prima di servire.
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