Arriva il Vademecum per non sposarsi, a salvaguardia dell’Amore
Chi sta insieme da tempo, in un modo o nell’altro, lo ha intuito e, del resto, una volta vigeva il detto, secondo il quale: ‘Il matrimonio è la tomba dell’amore‘. Ciò nonostante, ci si continua a sposare, convinti – chissà – di proteggere, in tal maniera, un sentimento che aspira a sublimarsi; che mira a conservarsi eterno. Ebbene, adesso – nuovamente – un libro, scritto per mano di Giuseppe Culicchia, pubblicato per Feltrinelli, sconsacra – nelle vesti di Manuale – gli intenti di chi su reca all’altare. Esilarante, vero, tragicomico, come – del resto – si presenta, spesso, la realtà.
In breve, il nostro, divorziato da poco, ha deciso di devolvere ‘ai posteri’ la propria esperienza. Finché divorzio non vi separi è il titolo, armato dell’ardire di volersi palesare in tutta la sua sfrontatezza. Decisamente scorretto ma – lo ribadiamo – autentico.
E fa notare, l’autore, che se, una volta, i figli dei genitori divorziati erano pochissimi, oggi la situazione si è capovolta e per ragioni, a sua detta, evidenti. Il matrimonio, in sintesi, assassina l’Amore… con tutto quel che ne consegue.
“Davvero firmeresti un contratto – che so, l’acquisto di una casa, di un’auto, di una barca – basandoti non sulle garanzie che, di norma, è bene richiedere in tali occasioni, ma su una cosa così intangibile ed evanescente come l’amore?“. E’, questo l’invito a riflettere e si aggiunge, pure: sottoporre il sentire del cuore al un contratto è svilente; tanto varrebbe fondare una Srl e inventarsi qualcosa insieme, che non sia sfornare figli. I quali, d’altronde ed inevitabilmente, faranno le spese dei coniugi quando inizieranno le liti, sballottati – loro malgrado – tra avvocati e tribunali.
Il punto è che, nel preludio, non si ha sentore di quel che accadrà. Si tende ad acconsentire, sedotti dalla situazione, salvo – poi – prendere coscienza di quanto sopra. E dire che, a guardare con attenzione, gli indizi sono tanti – sin da subito e, spesso, evidenti.
Volete un esempio? Mettiamo il caso che entrambi amiate viaggiare. Fate attenzione, allora, cari Signori uomini, al modo in cui Lei ve lo chiede: “nel caso menzioni più volte che quando era bambina e/o adolescente i suoi genitori la portavano in un tot di luoghi esotici e, va da sé, piuttosto costosi, tipo Maldive, Seychelles, Saint Barth, Bali, volendo anche Polinesia perché, se è così, si aspetta tu sia in grado di fare lo stesso“.
Non solo. Tra gli elementi fondanti dell’essere sposati c’è la fedeltà. Una chimera – tocca prenderne atto. Di più, una scelta ‘contro natura’: è come se, piacendoti molto il Sushi, ti obbligassi a mangiare per tutta la vita, ogni giorno, unicamente Sushi. “non sarò certo io ad impedirti di sposarti. Però… però pensaci, a quel Sushi“.
Ancora, Culicchia mette in allerta i maschi, riguardo alla tanto vituperata Società patriarcale. Pensiamo di vivere in un’epoca ancora retta da uomini. In verità, fa notare: sei divorziato, dei bambini te ne dovrai occupare anche tu, ma anche di cucinare e di stirare. Stranamente, però, al momento del sì, qualora sia Lei quella ricca, nessuno – dall’altra parte – richiederà la comunione dei beni. Al contrario, si dà, invece, per scontato che il maschio la conceda.
Vogliamo puntare il dito sull’argomento nozze? Di botto, la cerimonia che, stando alle premesse, avrebbe dovuto conservarsi semplice, diventerà pomposa; l’abito, anch’esso – su carta – essenziale – finirà per far assomigliare la Sposa ad una meringa. Comprerete una casa grande, per i futuri pargoli e attenzione anche a quanti ne sogna la vostra compagna. In ogni caso, l’orologio biologico è spietato: a vent’anni, tutte si sentono emancipate dalla procreazione ma, scoccati al massimo i trentacinque, pretendono – per la maggior parte – di diventare mamme, altrimenti… non si sentono realizzate. In seguito, poi, non paghe, vi ricorderanno i sacrifici che hanno fatto per i figli, imputandoli persino della scelta di dover venire al mondo. Insomma… “è funesto a chi nasce il dì natale“.
A Torino, ci informa Culicchia, i matrimoni civili si celebrano in un ex manicomio. “Il fatto che si tratti di un ex manicomio femminile, oggi trasformato in anagrafe è, a seconda dei punti di vista, secondario o emblematico. Secondario, perché verrebbe da dire che vale il concetto di matrimonio in sé, e stop. Emblematico, perché si potrebbe dire che solo una pazza può pensare seriamente di passare tutta la vita con lo stesso uomo, o perché – più banalmente – le donne sono, in definitiva, tutte pazze, come sosteneva Charles Bukowski...”.
Anche io, una volta, mi sono sposato, ma il mio è stato un matrimonio riuscitissimo. E’ durato otto mesi (precisa). Mi sono reso conto di quello che ho fatto, solo quando mi sono trovato a che fare con il divorzio…
Pagine, dunque, consigliate agli innamorati, ai fidanzati… ancor prima, su debito consiglio, lettura obbligatoria nelle scuole. “Finché divorzio non vi separi è il libro che andrebbe consegnato d’ufficio a tutti i promessi sposi, al momento delle pubblicazioni. Chissà perché, nessuno l’aveva ancora scritto. È toccato a me colmare questa grave lacuna. D’ora in poi, se vi imbatterete in queste mie pagine, non potrete dire di non essere stati/e/* avvertiti/e/*“.
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