Tra sacro e profano… ecco a voi l’Apocalisse
C’erano una volta 4 cavalieri… o, almeno, così ci raccontano le Scritture. L’Apocalisse di Giovanni, nel Nuovo Testamento, ci narra di un cavallo rosso, guidato da una figura che simboleggia la guerra; colui che governa il cavallo nero sta a rappresentare la carestia. Sul cavallo verdastro c’è la raffigurazione della morte. L’ultimo cavaliere, in groppa all’esemplare bianco, rimane tutt’ora un mistero…
Già, ma cosa ci racconta, esattamente, l’Apocalisse?
La visione dei Quattro Cavalieri è la cronaca di eventi, legati agli Ultimi Giorni, interpretati come relativi al futuro o descrittivi, pure, di quanto accadeva ai tempi dell’autore, durante – cioè – l’Impero Romano precristiano.
Si narra, così, di un intervento Divino, improvviso, a porre fine al presente. Momento, anticipato da un’intensa lotta tra bene e male, che si conclude, stando ai testi Sacri, con una seconda venuta del Messia in Terra, trionfo di gloria e avvento di una nuova era.
All’inizio del libro, Giovanni fa sapere che, mentre si trovava sull’isola di Patmos, dove era stato bandito a causa della fede religiosa, udì una voce forte, che gli ordinava di riportare su carta quanto visto e di inviare, poi, lo scritto alle sette Chiese, in Asia. La voce era quella di Gesù Cristo, risuscitato dal regno dei morti e assunto al cielo. I messaggi erano indirizzati a sette angeli, ognuno dei quali, custode di una chiesa in particolare: Efeso, Smirne, Tiatira, Pergamo, Sardi, Filadelfia e Laodicea. Cristo loda ciascuna per le buone opere compiute ma, per cinque di esse, invia anche un avvertimento, segno di diniego.
Da qui, la descrizione dei 7 sigilli: pergamene, sulle quali è annotato un resoconto degli eventi che stanno per accadere. Si dice che l’Agnello di Dio sia l’unico, degno di svelarne il mistero. Dunque, all’apertura del primo rotolo, appare un cavallo bianco, il cui cavaliere subito si dirige alla conquista. Di seguito, compaiono altri tre cavalli, in rapida successione. Insieme, sono il simbolo dei conflitti che segneranno l’inizio della distruzione. Allo svelamento del quinto sigillo, Giovanni viene messo al corrente degli enormi tormenti a cui verrà sottoposta l’umanità.
A suggello di quanto anticipato e per miscelare, come spesso accade, l’alto al terreno, ecco allora la ricetta, altrimenti nota come Pasta dell’Apocalisse o, secondo alcuni, all’ubriaca. Una preparazione dall’anima semplice, a base di vino, che dona al piatto un riverbero amaranto, del tutto particolare.
LA RICETTA
Ingredienti:
- casarecce 400 gr
- speck 50 gr
- radicchio 3 cespi
- panna fresca liquida 300 gr
- olio extravergine 1 cucchiaio
- vino rosso 3 bicchieri
- parmigiano reggiano
- sale
Preparazione:
Innanzi tutto, mettere il vino in un pentolino e portarlo a bollore. In tal maniera, evaporerà la parte alcolica. In una padella, scaldare il cucchiaio di olio extravergine di oliva. Far soffriggere lo speck. Dopo pochi minuti, versare anche la panna. Portarla a bollore, lasciando che rapprenda. Versare, a questo punto, la metà del vino e il radicchio. Mescolare e far cuocere, per un quarto d’ora.
Intanto, gettare le casarecce in abbondante acqua, salata. Scolarle 2 minuti prima, rispetto al tempo necessario. Inserirle nella padella con il condimento e saltare il tutto. Proseguire la cottura, per altri due minuti.
Infine, versare il vino rimanente e mescolare. Una volta pronta la pasta, completare con una spolverata abbondante di parmigiano reggiano.
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