Al Cinema: oltre Oppehnneimer, oltre Barbie…

Al Cinema: oltre Oppehnneimer, oltre Barbie…

Barbie, di Greta Gerwig, ha tenuto banco sino ad ora. Oppenheimer di Christopher Nolan si appresta – a sua volta – a fare man bassa di spettatori. Vero ma, nelle sale, a dispetto delle due appena citate, ci sono una serie di altre pellicole, che vale la pena recuperare. Film, appassionati e appassionanti, alcuni Italiani, altri stranieri. Quasi tutti, produzioni indipendenti. Lontani dal megagalattico mercato dei blockbuster, che tutto fagocita e tutto pretende.

Cinque titoli, quelli che stiamo per suggerirvi, da vedere rigorosamente in sala, per non perdere la magia che, solo, riesce a regalare il Grande Schermo.

  • Passages (di Ira Sachs) rappresenta, stando allo stesso regista, più una storia di ossessione che di passione. Girato a Parigi, dove il cineasta si è sempre sentito come a casa, non teme di farsi vetrina di sesso e nudità, spunti narrativi – tuttavia – per raccontare qualcosa di meno evidente. Il protagonista è un regista e, ad effetto Matrioska, anche la sua pellicola indossa il medesimo titolo dell’opera originale. Si divide, l’uomo, tra l’attrazione per il compagno e quella per una ragazza, conosciuta durante la festa di fine riprese. Un gioco a tre, che finisce per travolgere lui e coloro che gli stanno attorno, conseguenze dell’amore e della confusione che, spesso, generano i sentimenti. Crudo, spudorato, come il più delle volte sa essere l’esistenza
  • Rossosperanza, di Annarita Zambrano, può dirsi, a suo modo, altrettanto feroce. Critica senza veli agli anni ’90 e all’ipocrisia di una normalità borghese ostentata, distante dalla realtà. I protagonisti si incontrano e imparano a conoscersi in un istituto privato. Una storia di crescita, fondamentalmente, di gioventù bruciata e paradossi. Gli stessi, con cui, prima o poi, tutti ci siamo trovati a fare i conti
  • La bella estate – per la regia di Laura Luchetti – trae ispirazione dall’omonimo romanzo di Cesare Pavese ma si dirige ‘altrove’. L’evolversi dei fatti, cioè, si piega ad una visione personale, in cui la protagonista – una sarta, che vive a Torino nella prima metà del ‘900, nel cuore del regime Fascista – è una ragazza, ancora alla ricerca di se stessa. La rivelazione arriverà, nel momento dell’incontro con Amelia. Così, l’estate del titolo finisce per coincidere con l’estate della vita, lo stesso periodo in cui i corpi maturano e si raggiunge un proprio equilibrio. Si scopre – pure – la personale identità sessuale
  • Si alza il vento è da considerare, a tutti gli effetti, come il testamento artistico del suo autore. Hayao Miyazaki dà anima, attraverso le sue indiscusse doti, ad un film intenso, lungo, intriso del suo personalissimo punto di vista. Un girato ‘sognante’, in cui l’uso sapiente dei colori e delle sagome è capace di assurgerlo financo a capolavoro. Protagonista – in questa occasione – un ingegnere Giapponese – realmente esistito – che fortemente contribuì, nella prima metà del ‘900, alla rivoluzione avanguardistica del proprio Paese
  • Manodopera, in sala dal 31 agosto, è figlia del talento di Alain Ughetto. Film piccolo, realizzato tramite la tecnica dello stop motion. Al centro della trama, una famiglia. Quella, appunto, del regista. Sorta di diario, in cui le vicende dei personaggi si fanno – tra l’altro – cronaca dei migranti Italiani che, all’inizio del vecchio secolo, a cavallo tra i due Conflitti Mondiali, si trasferirono in Francia, in cerca di lavoro e di un futuro migliore. Il tono, lungo l’intero percorso – ed è questo ciò che stupisce – si mantiene comico. Escamotage al limite del cinico, per mettere alla berlina il razzismo dilagante nei confronti dei nostri connazionali e a fuoco, le sfide, di volta in volta affrontate: la fame, la miseria, la morte.

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