Ganzirri e le sue vongole, presidio Slow Food
C’era una volta… un pesino piccino picciò. Frazione di Messina, situato a 13 km a nord-est del centro città, tra le due sponde dello Stretto che, da Reggio Calabria, conduce in Sicilia. Tratto che, in un punto particolare, si fa davvero breve, circa 3.1 km ed è qui che si fa notare Ganzirri, famosa per il suo Grande Lago, rinomato per la coltura dei molluschi ed importante meta turistica. Lago che, peraltro, da qualche anno fa parte dell’area della Riserva Naturale Orientata della Laguna di Capo Peloro.
Un borgo marinaro legato alla storia del suo territorio, caratterizzato da vicoli stretti e case basse, economicamente vincolato all’economia del mare che lo bagna.
Le sue origini vanno rintracciate ai tempi della dominazione araba. Il nome deriva, infatti dal vocabolo khanzir, che indica in generale i suini. Viene usato, di logica, per indicare i maiali, ma anche e soprattutto i cinghiali che popolavano la zona peloritana. Il termine, in sostanza, farebbe riferimento ad un “luogo in cui abbondano maiali o cinghiali allo stato brado“. Una porcilaia, o meglio, una cinghialaia. Il Ghadir-al-Khanziri non sarebbe altro che il Pantano dei cinghiali, dalla cui crasi deriverebbe il nome della località.
Del resto, la regione tutta risente delle diverse dominazioni e vive sulle leggende che l’accompagnano. Così, Messina è legata al mito di Nettuno, il dio del mare che separò l’isola dal resto con un colpo di tridente. Si narra che a Ganzirri esistesse un tempio dedicato proprio al Dio, situato sul lago Margi, posto tra il Pantano Grande e il Pantano Piccolo. Alcuni scavi ne confermano il racconto. A farlo erigere, il figlio Orione, fondatore di Messina.
Tuttavia, il lago sarebbe anche la tomba di un’antica città. Pare che sul fondo sia sepolta Risa, nome derivante dalla principessa che la governava. Un fiorente centro preellenico distrutto dalla furia di un terremoto, che ne uccise gli abitanti e lo fece sprofondare. Ancora oggi, i pescatori sostengono che, di notte, sia possibile udire i rintocchi della campana della chiesa sepolta, segnale di avvertimento per una forte burrasca in arrivo.
Gli abitanti di Ganzirri sono, poi, fortemente legati al culto di San Nicola, noto anche come San Nicola di Myra, città della Turchia, oggi conosciuta come Demre. Figura, per di più, legata al folklore popolare, tanto da essere associata a quella di Santa Claus. Un Babbo Natale nostrano, protettore dei pescatori che, al momento del varo di una barca gridano: in nomu di Maria e di Santa Nicola!.
Ciò premesso, anche il frutto della pesca è celebrato in onore del santo patrono. I marinai sono soliti eseguire il rituale della cardata da cruci o graffio della croce, un doppio segno della croce eseguito sulla testa del pescespada, a mo’ di augurio e ringraziamento. Quando la pesca è particolarmente abbondante, si usa urlare: Binidittu! e, ancora, nel corso degli anni, non sono mancati gli ex voto, veri e propri gioielli in oro, che rappresentavano il meglio di quanto possa offrire il mare: tonno, pescespada, vongole…
La festa dedicata al Santo, in particolare, si svolge la seconda domenica di agosto. Una celebrazione talmente sentita, da riuscire a mettere d’accordo pescatori e cocciulari (venditori di vongole e cozze), da sempre in conflitto. Non solo. San Nicola viene festeggiato, nuovamente, il 6 dicembre, giorno dell’anniversario della sua morte. Per l’occasione, vengono distribuiti i panuzzi con l’immaginetta del Santo, che i pescatori portano con sé in barca, per proteggersi dalle insidie della navigazione.
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