Violenza? Compagna di viaggio, dai tempi dei tempi…

Violenza? Compagna di viaggio, dai tempi dei tempi…

L’idea stessa della violenza è qualcosa che suscita, nei più, orrore. Ci ripugna, il fatto stesso di pensarla. Eppure, Eros e Thanatos, Amore e Morte, sono concetti che ci portiamo dietro, da sempre.

Dunque, benché considerata un tabù, l’uccisione, ci prende per mano, nel corso della storia e, in alcune circostanze, si rende addirittura necessaria. Soluzione salvifica al problema impellente.

Famoso – a tal proposito – è lo scavo che sir Leonard Wolley – noto archeologo britannico – effettuò, in Mesopotamia, tra il 1922 e il 1934, presso la necropoli reale di Ur, risalente alla fine del III millennio a.C. Dallo scavo, vennero alla luce evidenti tracce di sacrifici umani. Nel dettaglio: attorno alle tombe che facevano capo ai leader della della comunità, si evidenziavano numerose altre sepolture secondarie. Non un caso, a quanto pare; bensì un habitus. Usanza accreditata, quella dei sacrifici umani, assi più di quanto si possa immaginare.

Violenza – per meglio dire – come significazione di potere. Volendo concentraci sull’ Antico Egitto, nel periodo precedente l’unificazione, il Paese era sezionato in piccolissimi stati, sovente in guerra tra loro e ognuno retto da un proprio sovrano. Solo verso il 2950 a.C., l’unificazione diede luogo alla I dinastia. Ed è proprio l’enfasi, nel processo alla coesione, che condusse i Faraoni alla scelta di adoperare le armi. L’uso del sangue si rese necessario, per sconfiggere o sedare le sacche di resistenza, più difficili da debellare. 

Aspetto cruento, che emerge, in termini di cronaca, nell’iconografia dei Regnanti. Nella tavolozza di Narmer, ad esempio, il primo tra i governanti è rappresentato, mentre uccide i nemici con una mazza. Poi, ancora, mentre passa in rassegna i cadaveri dei decapitati che, come ulteriore oltraggio, hanno subito anche la mutilazione dei genitali. Una propaganda visiva, evidentemente insita alla base del potere. Corrispettivo della magnificenza tutta dell’epoca. Basti pensare alla grandezza delle costruzioni architettoniche: templi, palazzi, tombe…. e allo svolgimento dei riti religiosi, sempre di forte impatto emotivo. 

Il Faraone, del resto, rappresentava il tramite tra il Dio e l’uomo ed era tenuto, pertanto, a manifestare appieno il suo ruolo. Scrive l’egittologo Toby Wilkinson: “Narmer e i suoi predecessori avevano conquistato il potere con metodi violenti e non avrebbero esitato a far uso della violenza per conservarlo. La propaganda veniva usata per promuovere la monarchia – il faraone era spudoratamente brutale…”

Gli esempi più raggelanti della tendenza alla coercizione sono tuttora rintracciabili presso la necropoli di Abido, nel sud dell’Egitto. Qui, i successori di Narmer fecero edificare una serie di tombe. Enormi camere sotterranee, sovrastate da un imponente tumulo di sabbia. A circa due chilometri di distanza, i palazzi funerari per il culto del Re, testimonianza di una crudeltà senza pari, giustificata, allora, secondo le usanze del tempo.

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