Per l’8 marzo regala il piacere di leggere… su di noi!
Essere donna… e, al riguardo, si spalanca un universo. Un mondo fitto di dubbi, interrogativi, passaggi sospesi… Già, perché la dimensione del femminino è così: si divincola tra luci ed ombre; si snoda fluttuante tra gli ostacoli della vita, adoperando l’inaspettato, nutrendosi dell’inedito, viaggiando ai ritmi della sorpresa.
Bene, male, se di bene e di male si può parlare, inclusi nei parametri delle pagine che scorrono. Tra un margine e l’altro, il pensiero e la complessità di un’umanità di genere, tesa a agire, scegliere, comportarsi in un modo, piuttosto che in un altro. Vuoi o non vuoi, siamo fatte così, del resto. Forti e fragili, tenaci e rapide, intense e leggere. Siamo noi e il contrario di noi stesse, l’attimo a seguire. Fugaci, pragmatiche; sempre e, in ogni caso, bellissime. Risorsa imprescindibile di un’umanità poco avvezza a declinarsi, ancora, secondo quel che più ci caratterizza. Eppure, esistono righe, tracciati, scritti apposta affinché in essi ci ritroviamo, descrizione impudica e genuina di quel che più ci assomiglia.
Dono, che va all’essenza, che cattura il quid che ci muove; regalo per un 8 marzo, firmato – consapevolmente o meno – da ciascuna…
Ragazza, donna, altro
L’esperienza dell’essere una donna, al giorno d’oggi, non può limitarsi al racconto del vissuto di una soltanto. Partendo da tale presupposto, Bernardine Evaristo, già a cominciare dal titolo, si fa latrice di un manifesto ‘a tutto campo’. Si parla, difatti, nella sua opera, delle donne, ma anche delle ragazze e di chi una definizione chiara di sé ancora non riesce a darsela; oppure non vuole. Il contesto, l’Inghilterra post-Brexit. Protagonista, Amma, una sceneggiatrice teatrale nera, cinquantenne e lesbica e, accanto, le figure femminili che intersecano la sua esistenza. C’è la figlia adolescente e ribelle, che vuole diventare giornalista. C’è Dominique, ex manager, rimasta intrappolata in una relazione tossica. L’amica Megan, in cerca della propria identità e poi una ridda di comparse – 12, almeno – destinate a prendere corpo, via via; pronte a farsi spazio tra i capitoli, guadagnandosi attenzione da parte del lettore. Voci polifoniche, fuoco d’artificio in una sera qualunque ma, per questo, speciale.
La persona ideale, come dovrebbe essere?
Sembra che tutti, nell’esistenza di Sheila Heti abbiano chiaro in mente chi sono, cosa amano, quali siano gli obiettivi da raggiungere. Tutti, tranne, ovviamente, proprio Lei. Come se il mondo, nell’immaginario dell’autrice, avesse ricevuto in eredità una sorta di libercolo, un how-to, per destreggiarsi al meglio tra i vari dubbi o insidie che la vita propone. Stato di perfezione, che impone alla nostra, inevitabilmente, una lunga serie di domande. Queste ultime, rivolte in primis agli amici. Procede, intanto, per tentativi, alla ricerca di un’ideale che più avanti si dimostrerà mera utopia. Ha frequentato la scuola d’arte, convinta – da grande – di voler fare l’artista e invece, via via, si rende sempre più conto che, prima ancora, importa ‘stare bene’, essere felice in compagnia di chi consideriamo importante. E’, insomma, tutto già scritto? E’ necessario aderire a quanto ci hanno fabbricato addosso, per risultare giusti? O non è forse più sano seguire il corso naturale degli eventi, scegliendo in autonomia la propria strada?
Tre donne
Si fa trina, per l’occasione, anche Lisa Taddeo. Ci introduce – meglio – nel racconto delle vicende di donne, le cui storie sono estrapolate dalla cronaca dei giornali locali. Fatti, rubati alla sezione scandalistica e che respirano di America. Tutte e tre le protagoniste hanno fatto cose che, in apparenza, non trovano spiegazione. Così, la necessità di indagare nelle “ombre di desiderio di chi siamo nei momenti più crudi” conduce verso un cammino di introspezione profonda. Cosa è che cancella la ragione? Cosa spinge a compiere gesti, altrimenti inspiegabili? Maggie è una studentessa che ha denunciato il suo professore, di cui era innamorata, per violenza sessuale, ma nessuno nel suo paesino le crede. Perché, però, in un primo tempo ha accettato? Perché ha permesso? Perché poi si è pentita? Contraddizioni, oscure nevrosi che occupano l’animo di noi donne e di cui l’autrice mette in evidenza il dolo. Scelte spesso arbitrarie, motivate e condizionate dai desideri; offuscate dall’irrazionale, vestite di un accento che parla di errore e che, però, è insito nella complessità della nostra natura di femmine.
Il suo corpo e altre feste
Come comprendere il corpo delle donne, se non scegliendo di osservarlo ‘da fuori’? Pertanto, tra resoconti fantascientifici, magici, talvolta iperrealistici o horror, si snoda e si confeziona il comune denominatore. L’occhio, cioè, femminile, teso a guardare, a sviscerare, a descrivere con minuzia anche il più dimentico tra i particolari. Le favole dell’infanzia, oramai lo abbiamo imparato, nascondono, al loro interno, ammonimenti, inquietudini. Rappresentano ‘non luoghi’, che tanto assomigliano alla realtà. Ci parlano di un mondo spaventoso, per certi versi; ci insegnano la vulnerabilità che, sovente, ci accompagna. Solo che qui il salto è ulteriore. Le fiabe, qui, sono indirizzate a ragazze grandi, trasudano di sessualità, identità queer, ribellione. Mescolando i generi, Carmen Maria Machado porta tra le pagine del suo libro figure sottomesse: una, ad esempio, rifiuta di togliersi il fiocco dal collo su richiesta del marito, come sinonimo di consenso. Una seconda storia è totalmente dedicata alle sinossi degli episodi di Law & Order, in cui le vittime vengono torturate e i loro corpi, semplicemente, una volta usati, gettati via. Una summa, in sintesi. Riflessione ‘interessata’ di quale sia la sostanza dell’essere ‘l’altra metà della mela’.
Questo è il piacere
Donna, oggi. Bastano 85 pagine, non una di più o, almeno, bastano a Mary Gaitskill, per introdurci in un senso più vasto del tutto. Compie due anni l’opera in questione, ma poco importa. Nella recalcitrante onda lunga del MeToo, c’è la prospettiva invertita di un editore che abita a New York, che si rivolge alla sua amica di lunga data per domandarle cosa sia andato storto nella sua vita. Si ritrova – difatti – accusato di molestie sessuali da un folto numero di persone, con le quali, a suo parere, si era comportato, semmai, in maniera ‘più che gentile’. Permetteva che si confidassero, che si aprissero al suo cospetto, fino al momento in cui, vulnerabili, queste ultime si rendevano manipolabili, pronte a cadere, davanti anche alle richieste meno lecite. Niente di che, in fin dei conti. Non è forse il mondo che va così? Corposo dialogo a base di: “lui ha detto/lei ha detto“, in cui ci si confronta su cosa non va e su cosa – peggio – non è mai andato bene. Quel che gli uomini fanno, quel che percepiscono come consentito, quel che richiede spiegazioni se non, addirittura, cambiamenti.
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