Eastern State Penitentiary: una macchia, nel cuore puro d’America

Eastern State Penitentiary: una macchia, nel cuore puro d’America

Le spesse mura (45 cm) sono, oramai, in avanzato stato di decomposizione. La sua storia, poi, è oscura, secondo un processo strettamente lombrosiano; esattamente come lo spettro di quel che rappresenta. L’Eastern State Penitentiary di Filadelfia, in Pennsylvania (Stati Uniti), viene identificata come una tra le prigioni più famose d’America e, in generale, del mondo.

Nel ripercorrerne le origini, veniamo così a conoscenza del fatto che, nell’edificare la struttura, ci si è ispirati alle celle della nuova casa circondariale aggiunta al carcere di Walnut Street, nel 1790. 183×244 centimetri, in tutto. Come a dire ‘tane per topi’, adoperate a scopo prevalentemente ‘punitivo’.

IL DISEGNO SU CARTA

Formula, per quello che, a breve, divenne un vero e proprio sistema, in cui – pensate – veniva curata persino la componente religiosa. Un modello, insomma, emblematico per tutte le altre realtà. Furono i problemi di sovraffollamento a rendere necessaria la creazione di altre aree. E, benché il budget messo inizialmente a disposizione fosse di 100.000 dollari, il costo finale, una volta completata l’opera, nel 1836, arrivò a sfiorare i 780.000 dollari.

Il progetto prevedeva sette blocchi, che si estendevano dal centro e 76 ‘residenze, in ciascun blocco. L’architetto americano John Haviland aveva pensato a tutto, persino all’ora d’aria, da trascorrere in cortile; quel tanto che bastava, per praticare esercizio fisico.

LA NARRAZIONE DEI FATTI

Il primo detenuto? Il diciottenne Charles Williams, rinchiuso nell’ottobre del 1829, accusato di aver rubato un orologio d’oro. Fu trattenuto dietro le sbarre, per ben due anni. Qui, come i suoi altrettanto sfortunati compagni, ebbe modo di apprendere una serie di ‘discipline commerciali’. Come – ad esempio – fabbricare e vendere scarpe, sedie e/o prodotti tessili. Non male, se non fosse per il trattamento, nel momento in cui – volontariamente o meno – ci si trovava a trasgredire le regole. Allora, non si sfuggiva alla camicia di forza o, in alternativa, si incorreva in torture nefaste, fisiche e mentali. Ci si poteva trovare incatenati ad una sedia, ad esempio, o al muro, subendo passivamente una serie di getti d’acqua gelata. C’era, poi, la tecnica del bavaglio di ferro. Quest’ultimo era posizionato nella bocca del detenuto e le catene che lo tenevano venivano fatte convergere con quelle attinenti alle mani, strette dietro la schiena. Quando queste, per sfinimento, si abbassavano, inevitabilmente si andava incontro al soffocamento.

Rischio… calcolato? Niente affatto. C’è chi ci lasciò le penne, come fu il caso di tale Mathias Maccumsey, che il 27 giugno 1833, proprio a causa del ‘trattamento’, perse la vita. Inutili e infruttuose le indagini a seguire. Sia il direttore Samuel R. Wood, sia gli agenti furono assolti.

…COME AL CIRCO

Un posto di pena, divenuto, con il trascorrere degli anni, una sorta di attrazione. Un luogo per turisti, che ospitò, tra i tanti, anche William Francis Sutton, alias Slick Willie, famoso rapinatore di banche, o Al Capone (che, certo, non ha bisogno di presentazioni). Una permanenza breve, la sua – meno di un anno -e, sotto molteplici punti di vista, lussuosa. Almeno, più agiata, rispetto ai rispettivi fratelli di sventura. 250 individui, agli esordi, che raggiunsero, nel tempo, un numero pari a 1.000 unità. Troppe, per non ipotizzare la costruzione di celle sotterranee. Le Klondike erano prive di finestre o impianti idraulici. Immaginate…

IL CASO PEP

Né viene da ridere, nel raccontarvi che, tra i numerosi detenuti, spicca anche Pep. Era il 31 agosto 1924 quando fu imprigionato, colpevole, secondo l’accusa, di aver ucciso il gatto della moglie del governatore della Pennsylvania, Gifford Pinchot. Ebbene, Pep era un cane. Nonostante l’indignazione dei prigionieri, trascorsero due anni pieni, prima che l’animale venisse trasferito presso lo State Correctional Institution – Graterford, dove rimase fino al termine dei suoi giorni.

Una seconda rivolta, si ebbe nel 1933, seguita dalla più eclatante (che vide coinvolti 800 detenuti), datata 8 gennaio 1961. Negli anni ’50, in conclusione, il penitenziario fu ribattezzato State Correctional Institution, ma era tardi… Nulla impedì che si chiudessero i battenti, nel 1971, salutando quella che doveva essere una buona idea ma che si era rivelata, invece, nel corso degli anni, uno strumento di inopinata crudeltà.

LEGGI ANCHE: The Trail’s End: storia di due criminali romantici

LEGGI ANCHE: Storia di un’isola ‘maledetta’. Abitata dai pazzi, domicilio di nessuno