Divorce Party: la nuova ‘esperienza’ del dirsi addio

Divorce Party: la nuova ‘esperienza’ del dirsi addio

Ci si lascia? Bene, festeggiamo! Versione meno favolistica e decisamente più attuale del modo di vivere e interpretare la coppia. Al di là delle buone – anzi, ottime – intenzioni; al di là, pure, del ‘per sempre’, che dovrebbe compensare ogni dubbio o ritrosia. E invece no. Certo, magari ce ne passa, prima di gettare la spugna. Tuttavia, la vita spesso assume risvolti imprevedibili e i binari – come dire – si allontanano.

Insomma, la scelta di separarsi, alle volte, veste anche il risvolto di ‘atto liberatorio’, alternativa al rimanere intrappolati in un’unione infelice o, ancor peggio, sterile.

Ecco, allora, che la separazione si trasforma in un momento da festeggiare. Da tabù a gioia, da condividere con amici e parenti; talora anche con l’ex, segno questo di grande maturità. Rinascita, da sancire attraverso… un rituale e, cioè, il party di divorzio.

Un aperitivo o un incontro più o meno affollato, più o meno sobrio… in cui, in ogni caso, rimarcare il passaggio da quel che non va a quel che ci attende, domani.

L’inventrice? Ha un nome e un cognome: Christine Gallager. Ciò non di meno, negli Stati Uniti si tratta, oramai, di una vera e propria abitudine, ultra sdoganata. Negli Usa si è, in pratica, registrato un boom, rispetto a questo tipo di eventi, tanto che le aziende che solitamente se ne occupano sono lievitate, nel numero, del 22% dal 2019.

Un trend, identificato come l’ultima frontiera dell’industria del matrimonio e che si accompagna al proliferare di servizi attinenti: agenzie/siti di incontri, libri di auto-aiuto e liste – addirittura – di doni per il divorzio, nei negozi.

E, se anche Francia e Gran Bretagna sono state, in qualche modo, ‘colpite’ dalla moda, meno lo è l’Italia – evidentemente tradizionalista – dove, però, non mancano le occasioni. Secondo Istat, tra il 1991 e il 2018 si è assistito ad una verticalizzazione dei divorzi, passando da una cifra di circa 375 mila ad 1,6 milioni.

Vero è che continuiamo anche a sposarci. Nel 2022 i matrimoni sono stati 189.140, il 4,8% in più rispetto al 2021 e il 2,7% in più, in confronto al 2019. Le dinamiche, però, vanno lette in concomitanza, pure, alla Pandemia e a tutta una serie di altri agenti esterni.

In sintesi, dall’introduzione nell’ordinamento italiano (1 dicembre 1970) fino al 2015, si divorzia e si divorzia sempre di più. Merito, pure, dell’introduzione, nella norma, delle procedure consensuali, delle negoziazioni assistite e del Divorzio breve, che ha notevolmente ridotto i tempi di attesa (12 mesi per le separazioni giudiziali e sei mesi per quelle consensuali).

Numeri, fin qui, che non ci forniscono risposta, tuttavia, sul modo in cui organizzare una Festa all’uopo.

Iniziamo con il sottolineare che non esistono obblighi e/o regole.

Senza dubbio, è facile cadere nel trash, bruciando – ad esempio – l’immagine del partner o esibendola a tirassegno ma, volendo seguire l’etichetta, anche il Divorce Party si distingue per le sue regole, ben codificate.

Non prendere il giro l’ex, specialmente se ci sono figli. Allontaniamo, insomma, le bad vibes

Inserire un elemento di gioco. La creazione di una vision board (un collage, con tutto quel che è fonte di ispirazione): la condivisione di intenzioni positive, la proiezione di film motivazionali, oppure l’immortale karaoke

Selezionare una lista di inviti ristretta; chi ci ha supportato e sopportato, nella fase di transizione

Dare un tema all’incontro, costruendolo intorno ad un unico filone, magari ironico

Pensare alla torta, elemento di decoro immancabile

In sunto, un’americanata? Forse. Una maniera, altrettanto, per normalizzare e dare un senso che non sia di fallimento ad un periodo ‘tosto’ dell’esistenza. No, dunque, all’auto commiserazione. Sì alla ripartenza e, su tale base, largo all’anticonvenzionalismo.

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