Cilindro, storia del copricapo che fece scandalo
Lo conosciamo, notoriamente, con il nome di cilindro o tuba. Pensato per i Signori maschi, elegante; adoperato, per lo più, in occasione di cerimonie o eventi formali.
Eppure, forse non tutti sanno che l’accessorio in questione, a suo tempo, fece scandalo. Nato, in termini di idea, nel XIX secolo, rimase in auge fino al XX, per poi perdere via via peso, nelle abitudini di chi era solito indossarlo.

E se i primi ‘elementi’ venivano fabbricati impiegando il feltro, ricavandolo dalla pelliccia di castoro, più in là la stoffa caratterizzante per antonomasia divenne la seta. Riproposto, nel corso degli anni, in una rilettura rialzata – lo stovepipe hat – variante, resa popolare niente di meno che da Abraham Lincoln durante la sua presidenza. Un modello, quest’ultimo, completamente dritto, che non presenta differenze nella circonferenza tra la sezione centrale e le estremità.
In genere, invece, la parte superiore rimane alta, dalla linea generalmente deformata. Più stretta la zona centrale; mentre la sommità resta piatta. A completare il tutto, una fascia lucida, oppure opaca che corre intorno alla base, dalla tesa ampia e rialzata ai lati. Di colore prevalentemente nero, è altrettanto valida l’interpretazione in grigio o in bianco.

Dicevamo, dalla fine del Secondo Conflitto Mondiale, fuori moda, sostituito da altre morbidezze e linee assai più pratiche. Restava, di fatto, il cilindro, un capo eseguito a mano, frutto della competenza di artigiani esperti. Associato, per tali ragioni, al ceto alto e ad un certo fare dandy, bersaglio – però – della satira. Simbolo, in ogni caso, per politici e diplomatici, fu ritenuto un pezzo di tutto rispetto persino in Oriente.
Attualmente, lo ritroviamo, spesso, in accompagno a tight e frac (sconsigliabile con lo smoking) e dalla forma stovepipe, altrimenti troppo costoso.
Ma torniamo a noi. Anzi, retrocediamo, giusto un tantino, per andare a curiosare riguardo alla sua nascita… L’inizio di questa storia si deve a John Hetherington, cappellaio londinese, esponente della fine del XVIII secolo. Ebbene, si narra che, in data 15 gennaio 1797, in piena sfida alle convenzioni dell’epoca, il nostro si sia arrogata l’iniziativa di presentare ai propri clienti un cappello totalmente innovativo: alto, rigido, con tesa ampia – come sopra accennato – e realizzato in seta lucida.

Una creazione audace, talmente sopra le righe da suscitane, nell’immediato, tanto di multa da pagare e persino l’arresto, accusato, l’inventore, di aver ‘turbato – per via dell’abbigliamento eccentrico – l’ordine pubblico’. Strumento, insomma, da leggere in chiave politica. Segno, suo malgrado, di ribellione e modernità.
Esautorata, dunque, la funzione pratica, ovvero riparare dalla pioggia e/o dai raggi del Sole, si rivelava inadatto ad un gentiluomo; troppo pretenzioso e caro. Orpello di vanità, in netto contrasto con i valori di sobrietà e modestia, tipici del tempo. Destinato, tuttavia e ciò nonostante, a vivere oltre anche la moralità vittoriana. Un oggetto unico, oggi nostalgico, archetipo di un cambiamento potente e ancora, talvolta, rimpianto. Di sicuro, capace di farci sognare…
LEGGI ANCHE: Che storia, il cappello di paglia!
LEGGI ANCHE: Nella lista dei ‘desiderata’, c’è pure il Baclava…