Greta, peccatrice di Hollywood
Greta… Greta la bella, Greta… la voce. Roca e sensuale e presa a modello da grisette e servette che sognano di percorrere i passi della sua stessa carriera. Greta, bellissima con quei suoi cappellini che lasciano lo sguardo interrotto e la fanno ammiccante, provocatoria, allusiva…

“Ebbene, Maestro, la mia faccia ora è questa!“. Quando si ripresenterà al cospetto di Ingmar Bergman, tempo dopo l’addio alle scene, il fascino discreto, morbido, avvolgente, sua cifra essenziale, risulterà oramai sfiorito. Tramontato, sotto fiumi di… – alcool? – fumo e ingenue noncuranze, che, alfine, la deturperanno, fino a renderla l’ombra di se stessa.

La Divina, detronizzata da un’atteggiamento troppo scialbo, per l’orgiastica liturgia hollywoodiana, perennemente e maniacalmente attenta al dettaglio, al particolare. Dove cade la luce? Quale è il profilo migliore? L’inquadratura più giusta? Patinato vuol dire soldi, del resto e alla Corte dell’effimero la disciplina è rigida. Immarcescibile. Così, Greta – la Signora Garbo – lo sa. Il viso più bello del mondo ha perso lo smalto che da sempre lo contraddistingue, sostituito da lineamenti disfatti e rughe, che a mala pena lasciano intravedere i fasti di un tempo lontanissimo. Decadimento inquietante, ‘risolto’ attraverso la ‘magica’ formula della sparizione. Cala il sipario, all’improvviso e nell’immaginario restano unicamente i ricordi. Impressi, questi ultimi, a sempiterna memoria. Incastonati come diamanti tra le reminiscenze di chi ha assistito ai fotogrammi che hanno condotto la Diva alla gloria.

Talentuosa… e scialba, nel trascurare il bene che l’ha trascinata su, tra le Stelle. E poco possono, da un certo punto in poi, i favori e gli artifici del make up o l’aiuto di luci sapienti, studiate appositamente per levigare, cancellare, appiattire… L’anatroccolo che si era presentato, ad inizio carriera, in quel di Los Angeles fa adesso la sua ricomparsa, in tutta la sua interezza. Niente dissimulazioni. Non c’è spazio. Ci si piega, dunque, alle leggi del tempo e persino i denti si fanno schiavi di un declino evitabile.

Greta, dal nome soave e dall’animo ‘maschio‘. Attratta, la nostra, dal suo stesso sesso ed attirata, spontaneamente ed inevitabilmente, da mise destinate a corpi ‘altri’. Vestiti, scarpe, pigiami, mutande? Al bando il reggiseno; al bando, pure, l’orpello femminile per eccellenza. Nessuna borsa – o quasi – nel suo guardaroba.

Il trucco? Fuori dalle scene, a detta della donna, non ce n’è motivo. Né tanto meno per passaggi di skincare o lozioni di vario tipo. Spazio concesso solo a qualche cubetto di ghiaccio passato in faccia, a mo′ di saponetta e non si affida, Lady Garbo, neppure ai parrucchieri, se non sul set.

Bisex per natura, prima ancora che per esplicita scelta; indirizzata, dicevamo, verso altri seni, altri fianchi, curve che ricordano, in parte, le sue… alla perenne ricerca di una compagna da amare, magari per la vita. Sia chiaro, non stiamo parlando di monogamia, che avrebbe finito per fare rima con noia. Meglio in tre. Del resto, non è forse questo il numero perfetto? Ancora, in fase eterosessuale, innamorata di John Gilbert non lo sposa, poiché ripugna la sola idea di ‘fare la moglie’. Lei, nei panni di ‘Signora di..’ non sa proprio immaginarsi; né, tanto meno, intenta a gestire una casa, seppur con il coadiuvo dei domestici, o assuefatta agli impegni, i doveri, gli obblighi, che la vita a due richiede.

In tre – lo anticipavamo – è meglio, come i 20 anni trascorsi insieme a George e Valentina Schlee. Vicini e lontani. Facili a ritracciarsi, purché si eviti la convivenza. Si esce, si fa l’amore, si percorrono le regole del poli-amore, almeno fin quando Valentina non mette in piazza la sua gelosia e George… Beh, George muore. Un infarto, proprio nel letto della Garbo.

Bella, bellissima e diffidente, di tutti tranne che del suo mentore: Mauritz Stiller, gay a sua volta e forse l’unico a ‘non averla mai venduta’. Marlene Dietrich, nel frattempo, va sventolando al mondo la presunta omosessualità dell’amica, adducendo che la vergogna per il suo sesso deriva alla Dama, non tanto per la mancanza del pene, quanto per il disgusto per ‘labbra’, evidentemente sporgenti. Troppo… sporgenti. Cecil Beaton spettegola, nel frattempo, come l’ultima tra le servette, al fianco di Gore Vidal, asserendo che Greta fa la pipì nel bagno degli uomini e… che la fa in piedi. Mercedes de Acosta, per anni coinvolta in un’ininterrotto tira e molla amoroso, non fa mistero della relazione, pubblicando nel suo memoriale tutta una serie di foto private, che poco lasciano all’immaginario.

Ecco, tradita. Vilipesa, vituperata. Lei, che viaggia oltre i consueti binari; che si muove costantemente fuori dall’ordinario, per una vita compresa di una vena di leggera follia… A più riprese rifiuterà gli inviti a Buckingham Palace, per accettare – invece – quello rivoltole dalla coppia Kennedy, nel 1963, presso la Casa Bianca. Il dopo-cena, con tanto di visita alla proprietà si trasforma in una scena surreale, nel momento in cui, giunti alla camera da letto di Lincoln, la Garbo – 58enne – inizia a saltare sul letto, sotto lo sguardo sbigottito e attonito del Presidente e annessa First Lady.
Greta, d’altronde, è così. Involontariamente lasciva, inconsapevolmente colpevole di una spontaneità che, in certi posti, non ci si può permettere. Con Adrian, il suo stylist alla MGM, è solita fare cavalluccio cavalluccio nel suo camerino. Folle? Niente affatto. Si tratta, piuttosto, di una questione di coerenza…
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