Eunuchi: storia di un’occupazione ‘scollata’
Una casta di privilegiati. Almeno, per chi avesse dovuto osservarli da lontano. Uomini disposti… ad un pesante compromesso. Reinterpretati, secondo dinamiche diverse. Castrati e questo è l’indiscusso dato di fatto. Evirati, in cambio di una carriera – vero anche questo – di tutto rispetto. Ma tant’è.

Da allora, sono trascorsi duemila anni. Eppure, l’eco del fascino esercitato da un ruolo che, all’epoca, voleva dire potere, si riesce ancora a percepire. Basta tendere l’orecchio… Già, poiché quanti disposti a rinunciare alla personale virilità, finivano, spesso, per professare un’immensa influenza sulle scelte e le decisioni di chi li aveva assunti.
Gli Eunuchi, in breve, salvaguardavano la castità delle donne dell’Harem ma, allo stesso tempo, la loro ‘vocazione’ li conduceva verso posizioni invidiate. Fatto sta, le candidature, in tal senso, si delineavano in una parabola ascendente. Ma andiamo più a fondo…

Ne abbiamo traccia, per la prima volta, in Cina e in Medio Oriente, in tempi – oramai – remoti. L’abitudine viene fatta risalire, addirittura, ai tempi della Città Proibita. La storia registra, in effetti, la presenza di Eunuchi nella residenza Imperiale, durante il regno di Han Huan Di, dal 146 al 167 d.C.
Ad avvalorare ulteriormente la convinzione, una serie di testimonianze. Una parete affrescata – ad esempio – risalente alla dinastia Tang (618-907 d.C.) o il rilievo di epoca Assira che raffigura la testa di un Eunuco. Reperto, quest’ultimo, datato 710 a.C., anno più anno meno e proviene dal Palazzo di Sargon II, nell’antica Khirsabad.

Maschi, in sostanza, in servizio già a partire dal II millennio a.C. Ma di che tipo di ufficio stiamo parlando? La castrazione intenzionale veniva esercitata su coloro che aspiravano al compito di guardie e/o servitori nei ‘luoghi’ riservati alle femmine. Ginecei, protetti da custodi fidati, pronti a prendersi cura di mogli e concubine. Quante, insomma, abitavano il Palazzo. Gente, disposta a rinunciare alle pulsioni, in favore… di quel che poteva ricavarsi, tutt’al più, dall’immaginario; con buona pace del Sovrano, che vedeva salvaguardate, in questo modo, le sue ‘proprietà’.
In compenso, il fortunato o ‘malcapitato’ di turno usufruiva di un accesso senza paragoni alla Corte Reale, godendo, peraltro, della fiducia di chi lo aveva assoldato. Consigliere confidenziale, guardia del corpo, Ministro o comandante militare, la cui figura, all’interno del Regno, rimaneva – in ogni caso – indiscussa.

Controllavano, abili e scaltri, gli affari di Stato, capaci, talvolta, di influenzare persino la prosecuzione o la caduta di alcune dinastie. Emblematiche sono le circostanze che riguardano, a tal proposito, l’Impero Ottomano. Gli schiavi, sequestrati dalle loro case e condannati a una vita di mutilazione e servitù, venivano poi destinati alla gestione della rigida amministrazione che caratterizzava il governo del Palazzo di Topkapi.
Esistevano – va anche evidenziato – due diverse categorie di Eunuchi. I primi, neri, erano ridotti, in genere, al rango di camerieri, al soldo dei funzionari, al pari delle cameriere. Diversamente, i bianchi – sovente Europei provenienti dai Balcani – si occupavano delle reclute nella scuola di Palazzo e, dal 1582, non potevano accedere all’Harem. La Gilda degli Eunuchi, vera e propria confraternita che comprendeva circa 200 elementi, si dedicava, in particolare, all’apprendimento e alla letteratura, impartendo lezione ai discendenti di chi era al Governo. Altri, erano invece delegati alle più alte cariche amministrative.

Così era e così fu, per tutto il Medioevo e, più in là a proseguire, nei secoli XVIII e XIX.
Gli Skoptzy, o Skoptsy, chiamati anche Colombe Bianche, finirono, quindi, per costituire un’oscura setta, nella Russia zarista del XVIII secolo. E, se i membri maschi si sottoponevano ad un doloroso intervento di castrazione, non da meno erano le donne, che accettavano, in sorte, la mastectomia, in conformità con i precetti che contravvenivano alla lussuria. E c’è n’è, sull’argomento, anche per quel che ci riguarda…

In Italia, nei secoli XVII e XVIII, la pratica veniva esercitata per formare i ragazzi come sorani e fu interrotta solo da Papa Leone XIII, nel 1878. Farinelli (1705-1782), voce Regina, fu un’eminenza, al riguardo, esempio emblematico di come andavano, allora, le cose.
Non solo. Era comune usanza, tra le famiglie poco abbienti, far dono dei propri figli, in cambio di una ricompensa in denaro. In tal maniera, si nutriva la speranza di vedere i rispettivi pargoli crescere, secondo uno stile di vita più agiato e confortevole. Del resto, era la povertà, in primis, a spingere parecchi adulti verso un’esistenza disadorna di rapporti (e, con tali, intendiamo quelli sessuali). Modo ulteriore, per allontanarsi da ambienti malsani, in cui si era dediti, solitamente, all’elemosina o alle ruberie.

A fronte di chi sceglieva liberamente, desideroso di agi e ricchezze, c’era chi – al contrario – subiva l’onta, sorta di punizione barbara, equivalente o alternativa alla pena di morte.
Il metodo – inoltre – di evirazione era – va aggiunto – rozzo e pericoloso. Il bisturi veniva utilizzato per la rimozione dei genitali esterni; mentre l’operazione si eseguiva tramite un un anestetico primitivo. Si racconta che in Cina, nel periodo che vede protagonista la tarda dinastia Qing, come antidoto al dolore si fosse soliti applicare una salsa piccante al peperoncino. Una siringa, o spigot, veniva in seguito inserita in ciò che rimaneva della virilità del paziente, per prevenirne la strozzatura uretrale. Espediente, che però impediva anche la capacità urinaria. Tre giorni e lo spigot veniva rimosso e, a quel punto, era tutta questione di fortuna…
Il processo di castrazione è stato, infine, eliminato, all’inizio degli anni ’20. Motivo, l’esautoramento dell’insolita – e sacrificante – professione.
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