Fiorello vs. Argentero: la diatriba dei bellocci
‘Chi di Social ferisce, di Social…‘ Privilegi dell’era moderna, adesso i duelli non si combattono più a suon di fioretto, ma via Internet. La piattaforma del Web ci offre costantemente l’opportunità di dire la nostra, a qualsiasi livello e di colpire, anche attraverso mosse inaspettate, l’illustre – o meno – avversario. Battute pungenti, talvolta sarcastiche, riducono k.o. l’antagonista e, quando lo scambio avviene tra due mattatori della Fiction la questione, per i famelici di Tv, si fa interessante…
A muovere la prima pedina, in questa immaginaria partita all’ultima sentenza, fu Beppe Fiorello. Nel sottolineare gli ascolti discreti, ottenuti grazie all’ultima interpretazione ne Gli orologi del diavolo, l’attore ha teso a sottolineare come i numeri non fossero condizionati dall’uso – testuali parole – di ‘modelli narrativi rassicuranti’. Un neppur troppo vago riferimento alle storie che fanno appello, con risultati questo sì, apprezzabili, all’universo di medici, infermieri, ospedali e racconti di corsia.
Un’aperta provocazione al collega Luca Argentero, protagonista di Doc, serie dal successo – a quanto pare – travolgente e, per l’appunto, costellata di medici, infermieri, ospedali e quant’altro.
Ecco, quindi, la sciabolata – velata ma guardinga – via Twitter: “Che strano tweet…“. Porta aperta a tutti, dicevamo. Di rimando, dunque, la risposta di un utente: “Magari parlava in generale“. E Beppe, quasi fosse rimasto appostato, di sottecchi, a fare eco: “È proprio così“. Nuova stoccata per Argentero: “Ma come? Ci sono in onda altre serie con medici e infermieri?“. E giù faccine che ridono.
Chapeau, uno a zero per l’ex Gieffino. Di fatto, se da una parte è suffragata e riconosciuta l’ipotesi di chi sceglie di ripercorrere un modello di televisione per se stesso rassicurante – cattura famiglie, potremmo definirlo – e chi – altrettanto vero – si destreggia nel percorrere sentieri meno battuti (vd. Miriam Leone con Non uccidere – ad esempio – o Alessandro Gassmann con Io ti cercherò e lo stesso Fiorello), in simbiosi con copioni più ‘evoluti, sul genere Sky o Netflix, va tenuto conto – sempre stando ai fatti – che il pubblico è eterogeneo e ciò che paga, spesso, non è il singolo dettaglio né l’interprete, da solo, ma una sorta di alchimia.
La sintonia che si riesce ad instaurare con lo spettatore, l’empatia che fidelizza chi sta dall’altra parte dello schermo e lo costringe – suo malgrado – a rimanere incollato al video. Strano sortilegio che si ripete, di tanto in tanto, e di cui l’aspetto più efficace rimane proprio – piaccia o no, alla guisa di un incontro ‘fatale’ – l’imprevedibilità.
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