Il mondo prelibato… e complicato di Eugénie
Pilastro della gastronomia Mondiale. E non siamo noi a definirla in questo modo. Piuttosto, il suo impareggiabile allievo, Paul Bocuse. Per tutti gli altri, presenti compresi, rimane, semplicemente, la più grande cuoca di tutti i tempi. L’unica donna, nella storia della cucina, a ricevere 3 Stelle Michelin e la sola – perdinci Bacco – in 2 ristoranti. C’è di che andarne fieri, insomma. La storia di questa suffragetta della tavola parte da lontano. Le origini vanno rintracciate, quando la ‘nostra’ aveva appena 5 anni. Era il 1900 e Eugénie Brazier badava già ai maiali, si divideva tra vacche e cavalli, alla guisa di un’adulta.
A 10 anni, la morte della madre ne decretò l’addio all’adolescenza. Lavorava, quel tanto che bastava per guadagnarsi un paio di zoccoli, un abito e 40 soldi per il pane. Scuola, neppure a parlarne. Rimase analfabeta, bisognosa di aiuto, quando si trattava di ‘fare i conti’. Una cosa, tuttavia, la sapeva fare. E bene. Gaude di farina di mais, Barboton di patate, Gaufres, via via si andavano ad aggiungere alla merenda che era solita prepararsi da piccola. Una zuppa di porri al latte, primo passo verso la celebrità. Quando iniziò a prestare opera presso una famiglia di pastai, i Milliat, era già una ragazza madre. Esiliata da casa, per di più, e costretta a doversela cavare da sola. Così, di volta in volta, i piatti iniziarono ad arricchirsi di ingredienti, e di sapori.
A seguire, l’affiancamento alla nota Mère Fillioux e poi, ancora, la parentesi presso la Brasserie du Dragon. Ecco, dunque, il primo locale. Una drogheria, contratta a suon di debiti, ma arredata di fortuna. Nel menù spiccavano aragoste alla maionese, piccioni arrosto, piselli alla contadina con carote e brioche ripiena alle mele flambé, al costo di 5 franchi. Sulla falsariga, nei giorni a seguire, lucci e pesce persico, sanguinaccio e gratin di maccheroni, senza frigorifero e lavando la biancheria al lavatoio.
Da qui, potenza del passaparola, le sorti cambiano. Il vento comincia a soffiare in positivo, prima sul ristorante di rue Royale, poi presso Col de la Luère, a Parigi, dove ‘qualcuno’ le propone una baracca priva di luce, acqua… e gas.
Quale miglior sfida? Quella, appunto, che ha visto aderire Bocuse in prima persona. Ritmi militareschi, racconta lo Chef. Sveglia alle 5.00 e a letto a mezzanotte. In mezzo, una miriade di incombenze e l’ossessione per la pulizia.
Nel 1933 si compie la prima tappa verso la scalata. Nel 1939 sono 2 volte 3 Stelle Michelin. Che dire? Tra i tavoli governati a dovere sfila il Bel Mondo, impressionato e compiaciuto. E se il conto arriva, ora, a 50 franchi, lo stipendio riservato ai lavoranti è misero, fatto di avanzi. Poco importa, per una che la vita ha dovuto conquistarsela a morsi.
Ogni primo di febbraio Eugénie si reca presso Fernand Point o alla Maison Pic, per registrare il palato. “Con il senno di poi, posso dire che erano bei tempi ed è sicuramente a contatto con questa donna che la mia inclinazione per una cucina semplice – che non vuol dire facile – si è fatta strada. Le devo il senso dell’economia e l’inflessibilità sul valore dei prodotti“, specifica, nel ricordo, Bocuse.
A noi rimane la storia, affascinante, di una ‘guerriera grintosa’ e le pietanze, evocative di un modo di percepire il cibo, che ha segnato il tempo. Il racconto si è declinato, via via, diversamente. Ma gli archetipi vanno ricercati lì, in quell’albeggiare di secolo, in cui sperimentare era all’ordine del giorno; in cui forza e volontà si traevano da se stessi e ci si spendeva, generosamente e con sacrificio, per difendere la propria causa.
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