Drappo nero per Nick, sogno di noi bambine degli anni ’80
Non avremmo mai voluto farlo così perché, fondamentalmente, non è giusto che la vita ti porti via a 59 anni. Perché per salutarsi ci vuole tempo e coraggio. Ci rode averti perso ed è vero, magari era già da un po’ che non ci si sentiva, ma quello che ci ha cresciuti, in qualche modo, ci rimane attaccato addosso, per sempre. Ieraticamente resta lì, deposito dell’anima a cui – se serve – fare riferimento nei momenti di sconforto.
E tu, portavoce di un’epoca, ti sei presentato ai nostri occhi, lasciandoci smarrite, incantate, perplesse… bello come un Dio e totalmente cosciente del fatto che, ad un solo tuo gesto, il mondo – quel nostro piccolo mondo di adolescenti – ti sarebbe crollato ai piedi. E così è stato. Spavaldo, ti sei sfilato di dosso quei tuoi Levi’s 501 e, con la naturalezza che – sola – fa rima con consapevolezza, sei rimasto – a nostro beneficio – in mutande. E noi lì, attonite, perse a scegliere cosa guardare di te… cosa ammirare… insomma, da dove cominciare. Ci hai sedotte, smaliziato, per poi abbandonarci sognanti. In meno di un lustro, sei riuscito a regalarci quello che fior di artisti non hanno saputo – non tutti, almeno – donarci nell’arco di un’intera carriera.
Così, adesso, vederti andare brucia, giacché un pezzo di noi viene strappato con te. Tu incarni ciò che siamo stati, ciò che miravamo a diventare. Suoni di spensieratezza, ancora oggi. Ti porti impresso persino quel sapore di peccaminoso, secondo il senso che se ne può avere quando dall’infanzia, si passa ad un fase più adulta.
Certo, ci hai rapite proprio tutte, se pure Madonna ha riconosciuto in te un ‘potenziale’. E ci ha investito, su quel tuo talento. Così, nel 1986 ti sei presentato al nostro cospetto, ancora una volta, con lo scopo di affascinarci. E lo hai fatto, puntualmente. Del resto, come avrebbe potuto essere altrimenti.
Each Time You Break My Heart cantavi, la bocca quasi appoggiata al microfono e quel neo, sbarazzino e tentatore, sulla guancia, che non permetteva – a noi – di staccarti lo sguardo di dosso.
Ti abbiamo visto correre nel deserto, inseguito da una gigantesca Tatjana Patiz, sorta di novella Gulliveriana, e avremmo tutte voluto essere Lei, anche solo per un istante.
Così, oggi ti piangiamo noi, comuni mortali, ma ti piangono anche loro, i tuoi amici più cari. “Mi si spezza il cuore sapere che te ne sei andato. Sei sempre stato un essere umano così gentile e dolce e hai sofferto troppo. Spero che sia più felice, ovunque tu sia…“, lascia scritto Lady Ciccone. Boy George – dal canto suo – parla di te come dell’uomo “più bello e più dolce di tutti“. Deve essere stato proprio così, poiché quella tua delicatezza si intravedeva dallo schermo e forse, proprio per questo, ci avvicinavamo. Senza paura. Perché, a ben guardare, non ti consideravamo un pericolo.
Caro Ivor Neville, dire di te che sei stato una meteora suona, adesso, laconico e riduttivo e poco importa che tu sia nato nell’Essex o chissà dove. Poco conta che la tua Stella di cantante si sia consumata in pochi anni.
Quel che ci hai tolto ora, andandotene, non ha risarcimento. E avremmo voluto chiederti di stare ancora un po’ qui, a farci compagnia. Impossibile… già… abbiamo compreso. Allora, piuttosto, ci limitiamo a dirti grazie. Grazie perché, per brevi attimi, ci hai trasportate in un altro universo. Grazie perché ci hai fatto arrossire, alcune per la prima volta. Ci hai fatto intuire quanto fosse bello baciare. Ci hai messo su l’effervescenza di crescere… ce l’hai insegnata, quella magica alchimia del vivere e lo hai fatto nella maniera più poetica che si potesse…
Grazie, Nick Kamen, che non hai mai smesso di essere, nei nostri ricordi, lo splendido ragazzo della lavanderia…
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