Entonote: è qui che si sfida la Gricia
Ammettiamolo, un po’ ce la siamo andata a cercare. Annoiati dalla solita Amatriciana, Carbonara, Pasta e fagioli. Stufi dell’Ossobuco, dell’Arrosto, persino di Risi e bisi. Così, adesso, siamo costretti – piacevolmente o meno, questo è ancora tutto da vedersi – a rimpiazzarli con Orecchiette alle cime di rapa e grilli affumicati; Ravioli ripieni di tarme; Melanzane con pomodorini, caprino e locusta marinata.
No, non è uno scherzo, né un’opera di fantasia, ma parte del menù – a base di insetti – di Entonote, associazione culturale, fondata da Giulia Tacchini, food designer, e Giulia Maffei, biologa.
In data 20 maggio, Milano ha scardinato le porte alle più contemporanee idee dell’alimentazione. Dopo la Thailandia, che propone spiedini di cavallette e Bogotà, dove le hormigas culonas vengono sgranocchiate come fossero pop corn, ora tocca a Noi. E, a presentare l’ultimissima leccornia sulla tavola sono grandi firme del mangiare. Il più noto è – forse – Renè Redzepi, chef del Noma, pluristellato ristorante di Copenhagen, che propone piatti, a base di formiche e larve di api.
“Al mondo, attualmente, circa due miliardi di persone si nutrono d’insetti. E’ un’abitudine radicata, nell’80% delle culture alimentari. Spesso, con motivazioni pratiche. In alcuni Paesi il loro consumo, grazie al contenuto proteico molto elevato, compensa la dieta povera“, ci assicurano gli esperti. Dunque, perché farsene un cruccio?
Del resto, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Le specie commestibili sono più di 2 mila, anche se ci si nutre, principalmente, di cavallette, grilli, locuste, bruchi, formiche, cicale, termiti. E, stando ai dati Fao, potrebbe essere, questa, una tra le risposte più efficienti, per sfamare una popolazione mondiale che, nel 2050, arriverà a sfiorare i 10 miliardi.
D’altronde, va riconosciuto l’alto apporto nutrizionale. Ottime, per una dieta valida di nutrienti, come ferro, zinco, magnesio, fosforo.
In termini di sostenibilità ambientale e sicurezza alimentare, va sottolineata la loro elevatissima efficienza di conversione nutrizionale. In pratica, riescono a trasformare 2 chili di cibo in 1 chilo di massa e, come del maiale, non si butta via niente. Di un grillo – figuratevi – si mangia l’80%. E, pure per quanto concerne il consumo di suolo si viaggia al risparmio. La produzione di un chilo di proteine, in questo senso, abbisogna di un decimo del terreno necessario per le proteine convenzionali da bestiame.
Certo, stando ad un sondaggio promozionato da Coldiretti, il 54% dei nostri connazionali è ancora piuttosto scettico sulla faccenda. Ma “le cose stanno decisamente cambiando“, ci viene assicurato. “Rispetto a una decina di anni fa, l’atteggiamento delle persone si sta modificando. Specie le ultime generazioni sono molto aperte al cambiamento e sensibili alle nuove tematiche. Lo dimostrano le nostre degustazioni che, di fatto, sono anche un’occasione per parlare di tante cose: emergenza climatica, storia, nutrizione, antropologia, cibo, sostenibilità, ambiente“.
Fatto sta, l’approccio ambientalista, da solo, non basta. Né il richiamo alla salute. Qui occorre sedurre, affascinare, entrare nel palato della gente, in maniera impercettibile ma mirata. Mascherare soprattutto all’inizio, tramite operazioni di camouflage ben studiate, che stimolino la curiosità e lascino, al tempo stesso, prefigurare al gusto qualcosa di gradevole, accattivante, desideroso e meritevole non unicamente di un assaggio, ma di un vero e proprio abbraccio nella routine quotidiana.
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