Indimenticabili frammenti di… Diana
Parliamo di abiti, ma di quelli importanti. Vestiti cioè che, in qualche modo, hanno rivoluzionato la storia. E non solo quella del costume.
Presso Kensington Palace – ad esempio – trova la sua degna residenza – e non è il solo – uno tra gli indumenti più iconici della Corona Inglese, vale a dire la mise nuziale di Lady D. A caratterizzarlo – lo ricordiamo bene – lo strascico di cui si compone – quasi otto metri di coda – forse il più lungo della storia Reale.
Da quel 29 luglio 1981 ne sono trascorsi di giorni… e di notti, eppure lo scatto che immortalò Carlo e Diana insieme, all’altare, è ancora fisso nelle menti di chi, più o meno da vicino, assistette all’evento. Nozze da favola, ma solo su carta. Seguite in mondovisione da milioni di spettatori, mentre migliaia di sudditi attendevano gli sposi, fuori dalla Cattedrale di Saint Paul. Immagini cariche di aspettative e che, invece e contro ogni auspicio, decretarono l’incipit di un incubo. Eppure, a dispetto, anche, degli accadimenti successivi, quel prezioso quantitativo di stoffa ha voluto ergersi a leggenda, disegnato, per chi non lo sapesse, da una coppia di giovani stilisti, David ed Elizabeth Emanuel, presso il cui atelier si servivano alcune tra le ‘It-girl’ dell’epoca e diverse nobildonne.
Ed è sulla falsariga che intercorre tra la Famiglia Britannica e i couturier che resero indimenticabili i momenti salienti della storia di Palazzo, che, presso la cornice dell’Orangerie, si è pensato di allestire un’esposizione unica. Royal Style in the Making, in partnership con Garrard e la Blavatnik Family Foundation, promette – già dal 3 giugno 2021 – e mantiene la possibilità di accedere ad un’esperienza irripetibile: poter guardare da vicino i capi d’abbigliamento, disegnati dai più famosi Designer del 20esimo secolo e scelti, di volta in volta, dai membri della Royal Family.
Un percorso, che permette di curiosare tra bozzetti, scampoli di tessuto, fotografie di prove e fitting, per ricostruire l’importante legame tra la Monarchia Britannica e gli stilisti, incaricati, a suo beneficio, di creare un immaginario simbolico, che ne restituisse un preciso imprinting ai sudditi.
Tra i protagonisti della mostra, un prototipo dell’abito indossato dalla Regina Madre nel giorno dell’incoronazione, datata 1937 (saliva al trono, assieme al consorte, re Giorgio VI), opera di Madame Handley-Seymour.
Ma è soprattutto nel nome di Diana che si accende l’interesse. Prestato, per l’occasione, da William e Harry, che lo hanno ricevuto in eredità, spicca – dunque – l’outfit che ‘accompagnò Diana all’altare, ricco dei suoi accessori. Così lo strascico – del quale abbiamo già accennato – che rivestì l’intera scalinata della cattedrale di St.Paul.
Il corpetto era decorato con pannelli di pizzo di Carrickmacross, originariamente appartenuto alla bisnonna di Carlo. La gonna, ampia, era sostenuta da numerose sottovesti, che ne definivano la silhouette; lo scollo, leggero, era decorato di ruches di taffetà, mentre le maniche, a sbuffo, erano arredate di fiocchi.
Articolata alchimia di quello che, allora, forse, al meglio rappresentava il carattere di una ragazza piena di sogni e speranze e che si traduce, nel paragone, ad un altro capo di vestiario, rimasto altrettanto degno di nota, nelle vicende della Principessa del Galles. Certamente più all’avanguardia, fu segno – secondo alcuni – di un vero e proprio mutamento.
“Era mezzanotte e la pista era un sogno. Mi sono avvicinato a Diana e le ho toccato il gomito, invitandola. Lei si è girata e mi ha fatto quel suo sorriso affascinante e triste, nello stesso tempo. Accettò il mio invito. Ci siamo, così, ritrovati a ballare insieme per 15 minuti, come se fosse una favola. Alla Casa Bianca. Chi avrebbe mai immaginato che un giorno sarebbe successa una cosa del genere?“. A documentare l’episodio, niente di meno che John Travolta.
Era il 9 novembre 1985 e per l’occasione, Carlo e Diana erano ospiti in quel di Washington, in visita ufficiale,.
“Ballando con Lei, mi sono sentito io un principe“, ha spesso ricordato l’attore. Per la ‘nostra’ fu la notte in cui venne incoronata Disco Queen. Ballò, nella stessa sera, con Clint Eastwood, Tom Selleck e con gran parte della Hollywood, chiamata a rassegna da Nancy Reagan, proprio in onore della coppia, giunta dall’Inghilterra.
Ebbene, tra un pezzo e l’altro di Disco Music, Diana indossava quello che, in seguito, avrebbe preso il nome, per l’appunto, di Travolta Dress. Disegnato da Victor Edelstein, l’ormai famoso tessuto di velluto blu notte fu riciclato in varie occasioni. Persino nell’ultimo ritratto ufficiale, scattato da Lord Snowdon.
Strano a dirsi, quel pavimento a scacchi si trasformò, per una sera, in un’espressione meno formale e pressante di felicità. Si dice che l’unico con cui la ventenne residente a Buckingham Palace non ebbe modo di danzare, tra una nota e l’altra, sia stato proprio il marito, ma c’è un altro grande a cui non riuscì ad avvicinarsi. Michail Baryshnikov, si racconta, era il suo idolo.
Peccato. Rimane, tuttavia, intatta, la testimonianza di John: “Dopo che Nancy Reagan si fu allontanata, andammo in mezzo alla sala. Le misi la mano sulla schiena. Presi la sua e gliela abbassai un po’. Era più alta di me, infatti. La guardai per dirle con gli occhi che doveva stare tranquilla, che tutto sarebbe andato per il meglio…“
Che bello poter immaginare, anche solo per un attimo, che sarebbe potuto essere così…
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