Ahi, ahi, ahi… mi hanno spezzato il cuore
Ed eccoci alla resa dei conti. La storia – o relazione – in qualsivoglia modo la si intenda chiamare – è terminata. Qualcosa, insomma, si è rotto e ha il sapore dell’irreparabile. E allora? Le risposte, va detto, non sono tutte uguali, né paragonabili tra loro ma, come spesso accade in questi casi, esistono copioni comportamentali, riconducibili a reazioni similari.
Dunque, c’è chi trascorre il proprio tempo nella spettacolarizzazione del dolore. Vive la sofferenza in maniera plateale, rappresentandola ad amici e parenti, ‘come se il futuro non fosse più ridisegnabile‘ e passa i giorni ‘voltato/a indietro’, nella speranza di un ritorno dell’ex. Per poi, magari, essere nuovamente lasciato/a, secondo i medesimi schemi precedenti.
Differentemente, c’è chi si tiene tutto dentro o cerca conforto nelle parole di chi, al meglio, riesce a portare alla luce tutto quel che, da solo, non riusciva o non riesce a vedere. A pupille ‘offuscate’, insomma, si controbatte con un quadro spietato della realtà: “lei era solo una sciacquetta, lui è un misogino doppiogiochista…”e via dicendo.
Terza ed ultima categoria, quella di quanti, per fortuna, reagiscono. Coloro che, di fronte ad una sorta di lutto, sono pronti a rimettersi in gioco e a crearsi le condizioni per rinascere. E far rifiorire, nel cuore, un sentimento.
Dunque, premesso che capita e capita sovente di trovarsi a sentimenti infranti, vediamo come fare per ripararli al più presto, senza lasciare troppi strascichi.
Tanto per cominciare, quand’è che fa più male? Esattamente nel momento in cui crolla il castello di speranze, aspettative, progetti… che insieme si erano creati, per poi riporlo nell’altro/a. Si perde, in sintesi, l’equilibrio e, quel che prima si esprimeva in fiducia, veste – ora – i nuovi panni della delusione, della frustrazione, della rabbia e dello smarrimento. E l’inerzia mentale, spesso, va a braccetto con quella fisica.
Uno stato, quello appena descritto, da cui – tuttavia – si può far ritorno e il primo passo per guarire, ricordate, è desiderarlo. In questo racconto, se esiste il ruolo di medico curante, ebbene, sappiate che quel ruolo appartiene proprio a voi, in prima persona, e non c’è nessuno che possa sostituirvi.
Pertanto, la prima mossa per alienarsi dal soffrire è mettersi in viaggio, alla ricerca di un nuovo amore e sappiate che il cammino da percorrere non è neppure troppo arduo, giacché la vostra ‘preda’ potete osservarla, semplicemente ponendovi di fronte allo specchio. Eh già, innamoratevi… di voi stessi.
Pensate che, secondo la scienza medica, il buio dell’anima presenta i medesimi sintomi di un attacco di cuore. Il battito cardiaco – per dirne una – rallenta, i capelli cadono più intensamente della norma e aumentano, di contro, i livelli di cortisolo che, al netto, si traducono in insonnia, mancanza di appetito e indebolimento complessivo.
Il sistema nervoso simpatico, inoltre, porta a percepire il dolore emotivo come fisico.
Una sconfitta multipla, da debellare il prima possibile.
E, nella battaglia in atto, merita una menzione speciale la cosiddetta sindrome di Takotsubo – particolarmente frequente tra la popolazione femminile in menopausa, di età compresa tra i 58 e i 75 anni – denominata anche sindrome del cuore infranto o cardiomiopatia da stress. Si tratta di una irrisolutezza cardiaca momentanea, che si manifesta con i medesimi sintomi dell’infarto e che deriva da una situazione emotiva, altamente in bilico.
Il termine takotsubo, in giapponese, indica – non a caso – un cestello, utilizzato dai pescatori per catturare i polpi e in effetti, l’immagine ricorda da vicino quella del ventricolo sinistro, una volta messo alla prova da un’immane afflizione.
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