Moda vs. Gaming. L’accoppiata ‘appetitosa’ che seduce i Millennials
Smanettoni di internet state in allerta. Il vostro momento si avvicina. A serrare le distanze tra moda e universo virtuale è stato un evento, nello specifico, che ha saputo riunire 12milioni di spettatori.
Stiamo parlando del Concerto – meno di 12 minuti la durata – di Travis Scott, su Twitter. Il 24 aprile scorso, il maxi-avatar del rapper ha fatto la sua comparsa su Fortnite, mandando in visibilio gli utenti del popolare videogioco. Un accadimento, riproposto nei giorni a seguire, su Youtube e Twich, e accompagnato da quella che, in gergo, prende il nome di ‘capsule collection’: magliette, felpe, gadget dedicati e studiati ‘ad hoc‘ per i gamer.
Tutto, a sottolineare un avvicinamento – chissà fino a che punto previsto – tra il mercato del lusso e quello, apparentemente distante, dei e-game di ruolo.
Non a caso, il successo di Animal Crossing New Horizons, gioco rilasciato con tempismo perfetto (il 2 marzo) da Nintendo, incentrato sulla riproduzione di una realtà parallela, in cui riconoscersi e ricostruirsi ‘a nuova vita’. E c’è chi non ha esitato, in virtù di alter ego, a togliersi finalmente lo sfizio di acquistare quei capi che altrimenti, nel mondo ‘autentico’, non avrebbe potuto permettersi.
Il comportamento non è stato trascurato da Vestiaire Collective – noto sito di second hand dedicato ai brand più prestigiosi – che subito ha reso disponibili, su piattaforma, gli abiti ricreati nelle boutique digitali. E neppure la maison Valentino è rimasta indifferente. Ha affidato, infatti, a Kara Chung – fondatrice della pagina Instagram: Animal Crossing Fashion Archive – l’ideazione di 20 look super-griffati, in tutto simili alle collezioni vere e proprie.
In pratica, gli avatar possono indossare quel che ai loro rispettivi in carne ed ossa non è concesso, per possibilità economiche e/o estrazione sociale.
E l’esperimento – se così vogliamo definirlo – non è neppure il primo. Il binomio Louis Vitton / Riot Games rappresenta un esempio solido, in questo senso. Nicolas Ghesquière, direttore artistico della linea femminile della casa di moda, ha disegnato, già diverso tempo fa, cinque skin – vale a dire 5 outfit – per altrettanti personaggi del gioco. Look, sfoggiati in occasione della finale mondiale di League of Legends.
Non di meno, il connubio Moschino/ The Sims 4. Jeremy Scott, in qualità di designer d’eccellenza, ha contribuito all’export del ‘made in Moschino’, dando vita ad una mini collezione ispirata al climax, caratteristico del game, con tanto di disegni pixellati e motivi iconici.
Un’operazione di marketing, dunque, altamente raffinata. Solo in Cina – dati alla mano – si contano 484 milioni di giocatori – circa un terzo della popolazione – il 58% composto da pubblico femminile. Una fetta di target appetibile per qualsiasi brand.
Un salto nel vuoto, certo, ma “la chiave – spiega Emanuela Prandelli, esperta del settore– è avvicinare i clienti di domani, parlando il loro linguaggio“. L’aggancio – per chiarirci – tra l’esclusività del superfluo e la proposizione in un ambiente, per definizione pop (laddove, per tale, si intende: popolare).
Accessibilità sì, ma preservando la ‘digital scarcity‘. Una presenza misurata, calcolata fin nel dettaglio, in cui il senso di unicità e di esclusività di chi compra non si abbia a perdere.
Tutto risiede nell’aspetto emozionale, specifica Prandelli: “il mondo del gaming, per come è oggi, consente di arrivare a un livello di coinvolgimento dell’utente ben superiore a quello concesso dal product placement. L’utente da passivo diventa attivo, conversando con il marchio all’interno dell’esperienza di gioco. Si attivano – insomma – leve di risposta emotive ed esperienziali più profonde“.
Si tratta di un territorio inesplorato. Una sfida, però, che se non ci si lascia intimorire, potrebbe di fatto vestire i panni – domani – di inestimabile fonte di guadagno.
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