Invito a cena… post Coronavirus
Come si attenta al Bonton. Eh già, perché anche le buone maniere – come il resto dei nostri usuali comportamenti – hanno risentito, inevitabilmente, del trauma post-Covid-19. Condizionati loro – e nostro – malgrado.
Riscrivere le regole: questo è il dictat, e velocemente. Un sondaggio Ipsos segnala che il 36% degli italiani non si fida a riprendere le relazioni sociali e – pensate – negli Usa si delinea già l’ipotesi di ‘bolle di amici‘, vale a dire la frequentazione – esclusiva – tra persone preventivamente selezionate, in ambienti prefigurati e con rigidissime norme da rispettare.
Blindati, con buona pace del concetto di convivialità e accoglienza. Oppure fuori, liberi dall’impasse degli spazi chiusi. “Dopo tanta quarantena, ho voglia di uscire” – rivela Marina Di Guardo, celebre scrittrice e madre dell’ancor più nota Chiara Ferragni – “e mi rilasso di più, senza dovermi preoccupare delle precauzioni per gli ospiti“.
C’è chi opta – attraverso un’organizzazione scrupolosa e attenta – per quella che potremmo definire una ‘terra di mezzo‘. “Invito gruppi ristretti, possibilmente persone che si conoscono e hanno fatto il test sierologico” – confessa Alba Parietti – “So che è poco elegante, ma preferisco che gli invitati si sentano tranquilli. Al tavolo da dieci, faccio sedere massimo quattro ospiti. Poi, qualcuno si aggiunge, dopo cena. È brutto dirlo, ma senza giardino, non inviterei. Da me, si sta fuori finché la temperatura lo consente, poi, se fa freddo, ci salutiamo.”
Ed aggiunge, perentoria: “In salotto ricevo una sola persona alla volta. In cucina, non entra nessuno: solo io e Sally, che serve a tavola con guanti e mascherina. Non ci sono piatti centrali, per evitare posate di servizio che tocchino tutti. E se qualcuno sbaglia bicchiere, lo riprendo“
Dunque… cosa suggerisce, in questo caso, il Galateo?
“L’invitato non deve chiedere chi c’è, ma il padrone di casa, quanto mai adesso, deve dare ragguagli, però senza entrare nel pettegolezzo e specificare se hanno avuto o no il Coronavirus.”
Parola di Laura Pranzetti Lombardini, autrice di una decina di libri sull’argomento, che specifica: per i miei ospiti “…prevedo posti a scacchiera, ma con i congiunti ravvicinati.” Obbligatoria, all’arrivo, la mascherina. “È la padrona di casa che invita a toglierla, così come le scarpe, da lasciare all’ingresso, non sul pianerottolo. Poi, deve indicare subito un bagno, con salviette monouso e disinfettanti.” All’arrivo, inoltre, in caso di ingorgo, non è cattiva educazione – bensì lodevole precauzione – far attendere fuori.
Buffet, come prevedibile, neppure a parlarne. Ci si assembra e il rapporto con le posate assume toni promiscui. Sconsigliabili i finger food: mangiare con le mani, di questi tempi, ispira diffidenza. Un’idea efficace è anche quella di utilizzare bicchieri dai colori differenti. Un modo semplice ma garbato per evitare scambi impropri.
“L’ideale è servire tutto già impiattato e con il pane in piattini singoli, posizionati a sinistra, alla fine dei rebbi della forchetta. Chi non li ha, può usare quelli da caffè. Se il tavolo è piccolo, si possono tenere gli ospiti in piedi, ma allora è meglio servire un piatto unico.“
Piccole attenzioni che, in fondo, non alienano del tutto l’indole cameratesca che, da sempre, caratterizza noi abitanti dello Stivale. Ma ci preservano.
Ultima nota, la conversazione: “Cerchiamo di non parlare solo di pandemia. Una cena in cui si saluta depressi non è una cena di successo.” Tutti a tavola, dunque, armati di coltello e forchetta, pionieri della nuova avventura.
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