Stranezze dal mare: quegli animali dalle forme… discutibili
Urechis caupo, stando alla scienza. Peni di mare, nell’accezione più ricorrente. Trattasi, in verità, di vermi marini, abitanti degli strati più profondi, lontani da eventuali occhi indiscreti. Ebbene, di recente, l’arrivo sulle spiagge, legato – si suppone – alle mareggiate o alle tempeste ne ha risvegliato, al riguardo, l’attenzione.
Si tratta – in pratica – di invertebrati, appartenenti alla famiglia delle Urechidee. Esemplari, dotati della straordinaria capacità di scavare tunnel nei fondali più bassi e sabbiosi, alle volte anche fangosi. E’ qui che trascorrono l’esistenza, alimentandosi di ciò che trovano. La loro presenza è testimoniata da impercettibili protuberanze, nel suolo, a forma di cono, con tanto di muco e secrezioni varie. Un espediente, per intrappolare il cibo. Il pasto prediletto? Plancton e batteri, più che altro.
Dal colore rosa, carnosi e lunghi circa 20 centimetri, nel lessico comune vengono anche definiti vermi locandieri, per via – soprattutto – delle doti di accoglienza, nei confronti degli altri abitanti del mare. La loro tana, di fatto, è spesso frequentata da molluschi, crostacei e piccoli pesci, in cerca di cibo e riparo. Commensalismo, vera e propria tecnica di condivisione, ormai riconosciuta a più pareri.
Prede ideali per lontre, uccelli, squali, etc., sono considerati, per l’uomo, una delizia per il palato, date le doti afrodisiache. Né sono gli unici esemplari, che si distinguono per le sembianze falliche. Al loro seguito vanno, infatti, menzionati anche il Geoduck e il Vampiro di mare.
Il primo, in particolare, originario del Nord America, rappresenta una sorta di enorme vongola dotata di proboscide, in grado di misurare anche più di un metro. Come la parente stretta, abita sotto la sabbia argillosa, ma la diffusione è piuttosto estesa. Di solito, lo si incontra in acque basse, dalle quali spruzza un getto estremamente evidente.
Può vivere fino a 140 anni e oltre e, a suo carico, esiste una vera e propria pesca. Una caccia al tesoro, per dir la verità, giacché, per riuscire a reperirlo, bisogna scavare molto in profondità. Intento della pesca, la commercializzazione. La vendita si aggira intorno agli 80 Euro al chilo, tenendo conto che un mollusco adulto arrivi a pesare circa 450 gr. Prospettive di guadagno, che non rappresentano cosa recente, così come il desiderio di portarlo in tavola. Intorno agli Anni ’70, si è dato l’avvio ai primi allevamenti, con appositi impianti.
Nella cucina orientale viene, generalmente, consumato bollito e servito in fette sottili, accompagnato da salsa di soia e wasabi. Persino gli chef più accreditati, negli anni, si sono cimentati nelle diverse preparazioni, divertendosi nell’ideare le più svariate ricette.
L’altro, in verità una lampreda, è un animale assai antico, dotato di bocca tonda e una serie di minuscoli dentini affilati. Si nutre principalmente di sangue, che preleva direttamente dalle sue vittime, tramite la lingua appuntita. A seconda dei periodi dell’anno – e delle fasi riproduttive – lo si trova in mare ma anche nelle acque dolci dei fiumi. Si comporta, a ben guardare, come un parassita. Si attacca alle prede, senza fare grandi distinzioni, agendo indisturbato, grazie all’ anestetico che inietta sottopelle. Diffuso in tutto il mondo, vive anch’esso a basse profondità, preferendo fondali ghiaiosi.
Patrimonio gastronomico nel nord Europa, costituisce una vera ghiottoneria, già dal periodo degli Antichi Romani.
QUEL CHE C’E’ DA SAPERE SUGLI ANIMALI
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