Quel vicoletto storico, tra i navigli della bella Milano…

Quel vicoletto storico, tra i navigli della bella Milano…

Il nome, di per sé, già la dice lunga. E’ conosciuto, infatti, dai più, come Vicolo dei Lavandai. Un luogo ricco di storia, recentemente restaurato e riportato all’antico splendore che fu. Lo spazio, a pochi passi dal Naviglio Grande, ricava il nome dall’originale lavatoio pubblico, utilizzato fino agli anni ’50, in cui era di uso comune nettare indumenti e biancheria.

Gesti antichi, carichi di significato e di racconti giunti, per tradizione, sino a noi.

Noto anche come Vicol de Bugandee (da bugada, ovvero bucato), l’antico sito si rifà alla Confraternita Lavandai di Milano che, sin dal XVIII secolo, si occupava della pulizia dei panni. Uomini, per lo più – diversamente da quanto si possa immaginare – parte attiva di un gruppo, il cui culto erano votato, in particolare, a Sant’Antonio da Padova. Tant’è, proprio all’interno della chiesa di Santa Maria delle Grazie esiste ancora un altare, appositamente dedicato.

Gente, il cui compito attribuito era di lavare la biancheria sporca delle famiglie più abbienti, stipandola all’interno di gerle, per poi condurla nel vicoletto. Gli addetti si inginocchiavano davanti al corso d’acqua, appoggiandosi sul brellin di legno – un cassoncino, largo giusto lo spazio delle ginocchia. In tal maniera, non vi era rischio di contatto diretto con la pietra; mentre, con le braccia, ci si affaccendava nelle operazioni più faticose; prima, immergendo il bucato nel canale; poi, sbattendolo contro le pietre.

Con il trascorrere degli anni, il ruolo passò alle massaie presenti in città. Le donne erano solite recarsi presso il vicolo per detergere pantaloni, camicie e quant’altro avessero in casa. Agivano in qualsiasi condizione atmosferica e si servivano, in genere, di un mix composto di cenere, soda e sapone, per giungere – solo successivamente – agli impasti a base di letame vaccino e liscivia, sostituiti, occasionalmente, con acqua bollente ed altri preparati e passati vigorosamente con un panno: il ceneracciolo.

Del resto, parliamo di un’epoca in cui il concetto di pulizia era assai limitato. Ci si accontentava di un cambio costante degli abiti, sorta di lavaggio a secco, dovuto anche all’assenza, nelle abitazioni, di bagni privati.

Dunque, Vicolo dei Lavandai come fonte e, pure, come meta, in cui si svolgevano intense le attività commerciali. C’era la drogheria, dove – ad esempio – era possibile recuperare attrezzature per la detersione. In zona era, addirittura, presente una sorta di centrifuga rudimentale, capace di strizzare gli indumenti artigianalmente.

Il posto era anche parte attiva di una cerchia di 19 lavatoi all’interno del milanese, frequentati, all’epoca, dalle lavoratrici, in forza alle famiglie facoltose. Lo spazio, perfettamente conservato, rappresenta tuttora una valida destinazione turistica e di interesse, conservando, ad oggi, la struttura e la fascinazione di un passato, neppure troppo lontano.

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